In sette milioni si sono fatti sedurre. E l’Istat l’ha inserito pure nel paniere

Storia&curiosità - Ci si tatua soprattutto tra i 35 e i 44 anni, ma la “prima volta” arriva di solito a 25

“Tattow”. Una storpiatura dell’onomatopea del rumore del legno picchiettato sull’ago per bucare la pelle. Così annota sul suo taccuino di viaggio il Capitano inglese James Cook, primo europeo approdato a Tahiti nel 1769. Sono passati quattro secoli, ma, sull’arte dell’incidere la pelle con l’inchiostro, si può dire tutto meno che abbia smesso di affascinare. Un’indagine dell’Istituto superiore di sanità stima circa sette milioni di italiani tatuati, pari al 12,8% della popolazione dai 12 anni in su.

E il fenomeno ha preso dimensioni tali da spingere l’Istat a far rientrare la voce ‘tatuaggi’ nel suo paniere, in crescita fra le prime voci di spesa degli italiani. Ancora qualche numero: il primo disegno sul corpo si fa a 25 anni, anche se i più tatuati hanno un’età tra i 35 e i 44 anni (29,9%). Ciò che allora è sembrata una novità agli occhi dell’esploratore inglese, era una realtà lunga millenni. A Samoa e Tahiti il tatuggio era un rito sociale dimostrativo di forza e coraggio: il “pe’a” durava cinque giorni di incisioni con una conchiglia affilata su tutto il corpo. Chi sopravviveva al dolore veniva eletto icona di coraggio della tribù. In Nuova Zelanda, i “moko”, i tatuaggi facciali dei Maori (i più copiati e diffusi di tutti gli anni ’90)identificavano la famiglia proveniente e i territori in possesso di ogni membro del villaggio. Da qui è nato appunto il filone dei “tribali”, quella famiglia di fantasie astratte molto marcate e riempite di nero. Religiosa la valenza della lunga serie di animali diffusi, invece, con un salto in Occidente, tra gli Egizi e i popoli mesopotamici devoti alle divinità zoomorfe: tatuarsi toro, gatto, uccelli e pesci equivaleva ad una preghiera.In vetta alle classifiche Google, c’è un antichissimo filone di tatuaggi. Quelli nati in Giappone, raffinatissimi per trame e fantasie. «Fino a un po’ di tempo fa si è registrato un boom di “traditional”. Ora non c’è una vera e propria moda – spiega , titolare del Funky Corner Tattoo di Varese – La gente sceglie in base al proprio gusto personale. Nel nostro studio vengono per i giapponesi e i polinesiani, per i dotwork e per i tatuaggi “acquarello”».