Non abbassare la guardia. Diversi casi anche a Varese

Secondo gli esperti il 25% dei nuovi infetti è inconsapevole, e quindi non si cura e continua a contagiare

Vietato abbassare la guardia perché in provincia di Varese, l’HIV è tornato a colpire e, fra le persone contagiate dal virus, ci sono anche diversi giovanissimi. «Ultimamente c’è stato un calo dell’attenzione verso il fenomeno – spiega il professor Paolo Grossi, direttore dell’unità operativa di Malattie Infettive dell’azienda ospedaliera di Varese – e questo ha portato a una ripresa di vigore del virus e a una crescita dei nuovi casi. La diffusione dell’HIV è ancora lontana da essere sotto controllo e in ospedale continuano ad arrivare nuovi casi di persone che hanno contratto il virus».

Al giorno d’oggi, i contagi avvengono quasi esclusivamente per via sessuale, soprattutto rapporti etero (50%) e omo (40%), mentre sono pressoché scomparsi i casi legati alla tossicodipendenza. «A volte i giovanissimi arrivano in ospedale pensando di aver contratto la mononucleosi – continua – Studenti delle scuole superiori contagiati dal virus dell’HIV a causa di rapporti non protetti, proprio negli anni in cui iniziano l’attività sessuale. Si tratta di un fenomeno preoccupante, perché indica che si è abbassata la guardia sulle attività di prevenzione. Oramai di Aids non si muore più e una persona sieropositiva, seguendo le giuste terapie, può condurre una vita normale. Nonostante questo la diffusione del virus rimane un grave problema». Non siamo più ai livelli degli anni ’90, quando l’HIV era una pestilenza, ma il problema resta e ha anche un costo enorme per la collettività: ad esempio in Lombardia si spendono ogni anno circa 200 milioni di euro per le cure. Ogni paziente in cura costa all’ospedale circa diecimila euro all’anno. Si tratta però solo di dati indicativi, ai quali vanno aggiunti i casi sommersi. Molti sieropositivi infatti non sanno di esserlo, e l’infezione viene alla luce quando si presentano in ospedale con patologie legate all’HIV. Secondo gli esperti il 25% dei nuovi infetti è inconsapevole, e quindi non si cura e continua a contagiare. Quindi, bisogna lavorare sulla prevenzione. «Ritengo che l’incontro in classe con l’esperto una tantum non abbia molto senso e, oltretutto, non credo sia nemmeno efficace – precisa il prof. Grossi – Penso che sia più opportuno, invece, formare gli insegnanti a essere sensibili al tema: sono loro che sono a stretto contatto con i ragazzi e che hanno più confidenza con loro».