«Scelte condivisibili». Così avallò Cazzaniga

Anche lui firmò la relazione della commissione che di fattò smontò le segnalazioni

A far finire nei guai l’ex primario potrebbe essere stata la relazione firmata il 13 maggio del 2013. Relazione che chiudeva il lavoro di una commissione interna costituita proprio in seguito ai sospetti sollevati attraverso diverse segnalazioni da alcuni dipendenti su quelle “strane morti” ora finite sotto la lente della magistratura. Un documento nel quale Scoppetta di fatto aveva avallato l’attività di .

«È un medico – aveva scritto – con specialità in Anestesia e Rianimazione con esperienza consolidata di lavoro in Pronto Soccorso a cui è affidata nei suoi turni lavorativi esclusivamente la gestione della sala emergenza. Nella sua carriera sono riportate solo lettere di encomio per la compliance con il paziente e nessuna segnalazione avversa. È indubbio che le scelte terapeutiche di questo professionista siano mosse dal controllo dei sintomi refrattari e non dalla induzione della morte del malato. Le scelte dei farmaci utilizzati (riportate anche dalla letteratura) sono condivisibili e basate sulla dimestichezza d’uso». «Dopo attenta analisi dei casi clinici inerenti dell’anno 2012 e 2013 – aveva concluso l’ex primario – non ritengo si evidenzi una deviazione dei comportamenti tale da compromettere l’etica e la deontologia professionale degli attori coinvolti».

Alla fine dei lavori della commissione, ne venne fuori una comunicazione, inviata agli infermieri che avevano effettuato le segnalazioni, non chiarissima che non cancellò tutte le ombre sulla faccenda: «Il trattamento effettuato – aveva scritto il presidente della commissione – nei casi esaminati è stato prescritto da un medico esperto e in possesso di idonee specializzazioni all’uso dei farmaci utilizzati. La particolare esperienza e qualificazione del medico, nonché la destinazione prevalente ad attività nell’area dell’urgenza/emergenza

di Pronto Soccorso (codici rossi) giustifica la maggiore esperienza e orientamento all’utilizzo di farmaci a dosaggi terapeutici elevati». «Il trattamento effettuato ha utilizzato, in ogni caso, farmaci che rientrano tra i farmaci di categoria pericolosa e con dosaggi non comuni – continuava la relazione – Non si ravvede un comportamento in modo chiaro e inequivocabile discordante il codice etico e deontologico professionale o, peggio, che possa far ravvisare delle responsabilità dirette sull’esito dei casi trattati».
Scoppetta verrà dunque sottoposto agli arresti domiciliari, ma il suo avvocato ha già preannunciato l’intenzione di fare ricorso in Cassazione contro la decisione del Riesame.