Addio, Paul, giovane guerriero

Paolo Talamoni, conosciutissimo cestista del Bosto, ci ha abbandonati ieri, dopo una lunga lotta

Paul ha corso veloce. Troppo veloce. Ha amato una donna, realizzato un sogno. Combattuto come un guerriero d’altri tempi. Sabato ha compiuto 18 anni: alle 12 di ieri è morto all’Hospice dell’ospedale di Varese. Troppo veloce. Paolo Talamoni, è stato un atleta del Bosto di Andrea Tavian ma anche della Gallarate di Max Frontini, di Gazzada e del Lila Sport di Marcello Parola.

«E il fatto che non sia più – dice Parola – non è credibile. Difficilissimo adesso parlare di lui. Un combattente, ha lottato tantissimo, ha lottato fortissimo. Ha vissuto sempre così. Ha insegnato a ciascuno di noi qualcosa, il coraggio, la caparbietà. Tutte caratteristiche di un grande giocatore. Resta l’amarezza per un fatto sconcertante: una guerra così un ragazzo di 18 non avrebbe dovuto soltanto vincerla. Ma addirittura non avrebbe mai dovuto combatterla. È qualcosa che va oltre l’ingiustizia».

Nell’aprile scorso a Paolo era stato diagnostica un tumore. Il nemico che se l’è portato via in meno di un anno. Ma non ha vinto: «Ha riempito così tanto la sua vita da essere riuscito a viverla sino in fondo». E del resto Paul, studente al Vico, “era uno al quale piacevano i tiri da tre punti – spiega Parola – io l’ho avuto da piccolissimo. Amava il basket sopra ogni cosa, sembrava nato sul parquet.

Per capirci: era il più piccolo di tutti, ma giocava con ragazzi più grandi di lui di tre anni. Come ho detto: gli piaceva tirare da tre. Era un play guardia. Gli piaceva tirare da lontanissimo, anche quando sapeva che non ce n’era. E del resto questo è un grande giocatore o un grande uomo: una persona capace di mettersi costantemente alla prova. Con la voglia di andare oltre i limiti. Un leader, il classico ragazzo squadra pieno di carisma».

Un campione che non mente. Soprattutto non mente a se stesso.

E che ha chiesto, quando la battaglia ormai gli è apparso chiaro stesse sfuggendo di mano, di poter incontrare i suoi “modelli”, i giocatori della Pallacanestro Varese di cui era il primo tifoso. E giovedì quattro atleti, Christian Eyenga, Norvel Pelle, Daniele Cavaliero e Dominique Johnson, hanno incontrato un campione portando a Paul la canotta della squadra del cuore e un pallone da basket autografato. Paolo ha stretto un sogno destinato a un futuro che se ne andava e ci è rimasto aggrappato: alle 12 di ieri stringeva ancora forte quella palla a spicchi. Nei giorni sono state decine i ragazzi, e i non più ragazzi, che si sono alternati nella sua camera.

Accanto a lui papà Giuseppe, anche lui cestista dal quale il figlio ha ereditato la grande passione, mamma Daniela, Davide, il fratellone acquisito, Elisa, la sorella maggiore, Valentina la sorellina e Giulia la fidanzata che ha combattuto al suo fianco ogni istante senza lasciarlo mai. L’abbraccio di Masnago è tutto per loro. Resta l’insegnamento di Paolo, un dono prezioso per chi qualche volta sottovaluta il futuro: «Ci ha insegnato cosa vuole dire combattere. Lottare sino in fondo, anche contro ogni probabilità. Dovremmo vivere ogni giorno come ci ha insegnato a farlo lui».