Aimo e Nadia in cattedra al Gallione

I fondatori del Luogo milanese, due stelle Michelin, “promuovono” i ragazzi del De Filippi

, il re dei gastronauti varesini, ha riportato la storia della gastronomia al Gallione al cospetto del Collegio De Filippi, facendo tornare per la seconda volta nel giro di poche settimane Bodio Lomnago capitale del gusto. Il mattatore di Stravizzi ha organizzato infatti, sotto gli occhi di un’orgogliosissima , sindaco della cittadina lacustre, una mattinata di studio e cucina con e , i fondatori del Luogo, il noto ristorante milanese con due stelle Michelin che l’inossidabile coppia ha condotto fino al 2012, prima di passare le redini a – presente all’incontro – ed al suo staff.

La chiacchierata con i ragazzi dell’alberghiero varesino, una settantina in tutto su due classi terze fra regionale e ministeriale – chef e addetti di sala – è stata molto interessante e colorita dalla verve dei due anziani chef, che hanno ribadito più volte come la grande cucina nasca dalla passione ma anche dall’esperienza e dalla creatività del singolo, la cui storia personale deve improntare di sé la propria arte culinaria.

Aimo, classe 1934, nativo di Pescia, figlio di una cuoca di famiglie nobiliari, arriva a Milano a 12 anni a guerra appena conclusa; proprio con l’aiuto della madre nel ‘56 prende in gestione il suo primo ristorante in via Copernico. L’anno successivo lo raggiunge l’amica di sempre Nadia: ne nasce un sodalizio sentimentale e professionale destinato a diventare la cifra della loro cucina, nata da una comune passione per i piatti della tradizione italiana e soprattutto per le materie prime, scelte con cura meticolosa quale valore fondante del loro mestiere.

Un argomento caro anche ad , il direttore del Gallione, che ha preparato in anticipo la mattinata con i ragazzi ideando il menu direttamente nelle cucine del De Filippi, per poi sottoporlo al giudizio dei due colossi della cucina italiana.

Piatti cucinati con brio e armonia, ispirati alla cucina italiana con note delicatamente orientali, che hanno convinto il grande chef e la sua degna consorte: prezioso nella sua particolarità è stato il risotto ai carciofi mantecato con crema di gambi e fonduta di Castelmagno e tuorlo d‘uovo trattato con una marinatura al caffè.

«La grande cucina – ha spiegato Aimo ai giovani – non è spendere cifre pazzesche per portare in tavola filetto, caviale e salmone. Una casseula fatta con tutti i crismi, i mondeghili realizzati con gli avanzi del bollito, i nervetti preparati con arte a partire dallo stinco del vitello possono essere pietanze strepitose che nulla hanno da invidiare ai grandi piatti della cucina internazionale».

«Uno spezzatino di reale una volta mi è valso i complimenti di una delegazione di francesi in visita a Milano da una signora dei quartieri alti – ha chiosato ridendo – perché la cosa più bella è lavorare con le materie prime di qualità e crearne capolavori senza pensare di recuperarle chissà dove: basta semplicemente alzarsi presto e andare al mercato». E per presto si intendono le cinque e mezza del mattino, quando non c’è in giro un’anima, al di fuori di quella dello chef che ricerca, medita ed è già pronto per stupire.