Alesina toglie il cappello e saluta

Lo storico negozio sotto i portici di corso Moro chiuderà i battenti il 28 ottobre

Lo aveva annunciato già nel luglio 2014, quando aveva detto «Tre mesi al massimo e poi chiudo». Quei tre mesi, in realtà, sono durati più di due anni. Ma il 28 ottobre, tra una settimana, Ambrogio Alesina metterà la parola fine all’attività di cappellaio-ombrellaio iniziata dalla sua famiglia nel 1902. «Mi spiace, ma è ora di andare in pensione» dice Ambrogio, stringendo a sé la moglie Corinna che lo ha sempre affiancato nel negozio. Al loro posto entrerà Intimissimi Uomo.

Gli Alesina sono stati sempre in Corso Moro. Prima dall’altra parte della strada, nello stabile che oggi appartiene all’Inps; poi dal 1937 nel palazzo Sciarini e – dal 1957 – al civico 13, dove il negozio si trova tutt’oggi e dove, dai cassetti, saltano fuori antiche foto in bianco e nero, che raffigurano la città attraversata dai tram. Se in tutti questi anni la città è cambiata, gli Alesina sono rimasti sempre gli stessi.

«Sono nato in piazza San Giuseppe – racconta Alesina, che prima di essere un negoziante è un artigiano che sa riparare gli ombrelli – Ho 80 anni e ho iniziato a lavorare quando ne avevo 14. Ricordo che al mattino frequentavo la scuola. Dopo il suono della campanella avevo due ore in cui andavo all’oratorio San Vittore. Poi mi fiondavo in negozio per aiutare zio Domenico, colui che ha aperto l’attività».

Con il passare degli anni, l’attività è diventata sempre più commerciale e meno artigianale. «Il ritmo di lavoro è stato stravolto: un tempo gli ombrelli da riparare non finivano mai, tanto da dover tornare in negozio dopo cena. Ho ancora nel retrobottega il tavolo su cui abbiamo lavorato da sempre,» .

Ma, da negozio storico qual è, Alesina è sempre rimasto nel cuore dei Varesini. Tanto è vero che in questi giorni, dopo che sulla porta è stato affisso il cartello che annuncia la chiusura, è un via vai di persone che vogliono comprare un ultimo ombrello o un ultimo cappello, quasi che, appropriandosi di quegli oggetti, si riuscisse a trattenere dal fluire del tempo un frammento del passato della città. Le signore chiamano a casa i mariti per chiedere quanto misura la circonferenza della loro testa e scegliere il cappello giusto. Gli ombrelli, con le fantasie colorate, vanno a ruba. Ogni mezz’ora il negozio è più vuoto, svela gli antichi arredi, mette più malinconia.

«La soddisfazione più grande che ho avuto in tutti questi anni è legata alle persone – dice Alesina – Abbiamo servito anche uomini importanti e di spettacolo, tra cui il cantante Charles Aznavour (quello che sapeva cantare l’amore in sette lingue diverse ndr)». «Tante persone ci sono entrate nel cuore. Qualcuno ci ha fatto sorridere con le sue richieste stravaganti, come quel cliente che è tornato dopo 15 anni chiedendo di cambiare un cappello.

O quella signora incinta che voleva un cappello a bombetta per il bimbo che portava in grembo e chiedeva consigli su quale potesse stargli meglio. O quel ballerino che ha calzato un cappello messicano e si è messo a ballare il tip-tap, come se insieme al cappello avesse comprato aria di festa».

In tempi molto più recenti è venuto un giovane che ha fatto le foto a tre ombrelli uguali ma di colore diverso, che costavano 10 euro l’uno. Ha spedito le immagini alla fidanzata e ha aspettato 20 minuti per ricevere il responso.

Si sono stupiti di fronte a quel giovane i coniugi Alesina perché le tecnologie dal loro negozio sono sempre rimaste fuori, come se di un mondo a parte. Di contro, in questi giorni, dal magazzino stanno uscendo pezzi di storia. Come un cappello Churchill, con la piega in mezzo. Un articolo del 1953, di bella fattura, che potrebbe essere venduto in un negozio di antiquariato. «Adesso vogliamo riposarci – conclude la moglie Corinna, che trascorre gli ultimi giorni di apertura facendo avanti e indietro dal bancone al retrobottega, accontentando i gusti dei clienti come ha sempre fatto in tutti questi anni – Andremo un po’ a spasso, ma dopo. Prima viene il riposo».

Per tutti, d’ora in poi sarà dura passare di lì senza avvertire un po’ di nostalgia.