Argenziano condannato per rapina

Sotto processo con l’accusa di aver ucciso la moglie, è stato intanto giudicato colpevole di un altro reato

Alessandro Argenziano condannato a un anno e 5 mesi per rapina. Il quarantenne già a processo con l’accusa di aver ucciso la moglie Stefania Amalfi nella notte tra il 25 e il 26 aprile 2015 ieri mattina ha incassato una sentenza decisamente sfavorevole. Il pubblico ministero aveva infatti chiesto l’assoluzione: il giudice ha deciso diversamente. Tuttavia in questa vicenda “minore” compaiono molti degli elementi individuati dall’accusa contro Argenziano nel processo in Corte d’Assise. I fatti risalgono al 2009.

La rapina si è consumata tra le mura del Cps di Varese, luogo frequentato tra l’altro sia da Argenziano (dichiarato inabile ma non incapace) sia dalla moglie: è lì che i due si sarebbero conosciuti iniziando a frequentarsi. Argenziano secondo l’accusa si è presentato nello studio di uno dei medici che operano nel centro di cura chiedendogli di firmargli un documento attraverso il quale il medico attestava come Argenziano avesse bisogno di denaro per poter vivere. In questo modo era convinto di poter chiedere e ottenere denaro da chiunque. Il medico si è ovviamente rifiutato di sottoscrivere un documento del genere. Argenziano lo avrebbe quindi minacciato di morte strappandogli tre cartelle cliniche dalle mani e fuggendo. Non è chiaro a quale scopo. Forse per ricattarlo? In ogni caso il medico, ovviamente, ha informato dell’accaduto le autorità preposte. Non ha querelato però Argenziano attribuendo l’accaduto ad un momento di rabbia. Anche sulla base di questo il pm ha chiesto l’assoluzione per il quarantenne varesino. Il giudice lo ha condannato a un anno e 5 mesi. La bramosia di Argenziano verso il denaro, definita quasi patologica nel capo di imputazione, è considerato dall’accusa il movente in seno al processo per l’omicidio della moglie. Altro dettaglio: i testimoni che sino ad oggi hanno sfilato nel processo in Corte d’Assise hanno dichiarato di essere stati in passato minacciati da Argenziano per ottenere del denaro. Lo hanno detto davanti alla corte presieduta da Orazio Muscato i familiari di Stefani: la madre e le sorelle. Raccontando che Argenziano le minacciava di ammazzare la moglie se non gli avessero dato dei soldi. E aggiungendo che la Amalfi aveva detto loro che se non avesse intercesso per la consegna dei soldi le avrebbe ammazzato la famiglia. Un comportamento, sempre secondo quanto emerso in aula, che Argenziano avrebbe tenuto anche con dei semplici conoscenti. Per l’accusa, nel processo per omicidio, i soldi, precisamente l’assicurazione sulla vita della moglie che lo vedeva quale unico beneficiario del valore di circa 30 mila euro sono stati il movente che avrebbero spinto il quarantenne a uccidere. Secondo la procura Argenziano avrebbe stordito la consorte somministrandole dei farmaci assolutamente contro indicati per le varie patologie di cui la donna soffriva (che da soli sarebbero bastati ad ucciderla) soffocandola poi senza che lei potesse difendersi forse utilizzando un piumone. L’omicidio si sarebbe consumato nella casa della coppia in via Medaglie d’Oro a Varese. Argenziano avrebbe chiamato poi il 118 dichiarando che la moglie si era suicidata.