Biggiogero non risponde. «Poco lucido e molto provato»

Alberto si è avvalso della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio di garanzia di ieri

«Poco lucido e molto provato». Alberto Biggiogero, 43 anni, si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al Gip Anna Giorgetti durante l’interrogatorio di garanzia dopo essere stato arrestato giovedì scorso con l’accusa di omicidio volontario del padre Ferruccio, 78 anni.

Un interrogatorio svoltosi ieri in carcere e durato in tutto una quarantina di minuti. Il quarantatreenne è reo confesso: ha ammesso di aver assassinato il padre al culmine di un violento litigio subito dopo l’arresto, quando è stato ascoltato dal pubblico ministero Flavio Ricci in Questura. Ieri, davanti al giudice per le indagini preliminari, ha scelto di non rispondere «non per sottrarsi al confronto – precisa Stefano Bruno, difensore di Biggiogero junior – ma perchè molto provato dall’accaduto. Alberto è distrutto, in questo momento non ha la lucidità necessaria per dare risposte precise». Non è escluso che, in seguito, la difesa del quarantatreenne non decida di chiedere che sia riascoltato dall’autorità giudiziaria.

Alberto Biggiogero è considerato dalle parti civili uno dei testimoni chiave del caso Uva. Giuseppe Uva, è morto il 14 giugno 2008 all’ospedale di Circolo di Varese dopo essere stato sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio. Biggiogero junior era con lui quando fu fermato ubriaco in via Dandolo, in forte stato di agitazione, e fu portato nella caserma carabinieri di via Saffi a Varese.

Il quarantatreenne ha sempre sostenuto, insieme a Lucia Uva, sorella di Giuseppe, che l’amico fosse stato picchiato da poliziotti e carabinieri e che la sua morte sarebbe stata da imputare al pestaggio. Carabinieri e poliziotti, però, sono stati assolti con formula piena in primo grado perchè del pestaggio non c’era traccia. Durante il processo, Biggiogero si era reso protagonista di una contraddittoria testimonianza, poi smentita dal padre nella stessa aula di tribunale.

Un uomo problematico, con un passato di disturbi comportamenti e di abuso di alcol e droga. Un uomo che da un anno si stava disintossicando e si crucciava di non riuscire a trovare lavoro. Un uomo che con il padre aveva un legame forte: Ferruccio non lo ha mai lasciato.

È emerso chiaramente che si è trattato di un delitto d’impeto, non premeditato. Il figlio ha afferrato un coltello da cucina e ha pugnalato tre volte il padre al petto e all’addome in un’esplosione di rabbia cieca. Si è reso conto: è stato lui a chiamare il 112. E non è fuggito. Le sue condizioni piscofisiche e la consapevolezza dell’accaduto lo hanno spinto a perdere lucidità. «È distrutto – spiega Bruna – non fa che chiedere perdono».

Non è escluso che alla luce di questa delicatissima situazione, per Biggiogero possa essere chiesto il trasferimento in un centro di cura (sempre sotto misura restrittiva) perchè le sue condizioni potrebbero risultare non compatibili con il carcere.