Caccia all’inverno sul Campo dei Fiori

Sacro Monte “nudo”, dal terzo tornante lo scenario e i colori cambiano. Finalmente spunta il bianco. Gli angeli dell’osservatorio, Artur e Paolo, liberano la strada con una fresa: «Ma questa è poca roba...»

– Un abbaglio d’inverno lo trovi improvvisamente dietro a una curva, salendo verso quella cima del Campo dei Fiori che rimane l’unica speranza attuale per gli amanti locali di neve e freddo. Il lunedì che segue alla calata sui nostri cieli della prima vera perturbazione da mesi a questa parte non può che essere una ricerca che mira in alto, un viaggio dalla collina bagnata verso la montagna vera, la più vicina possibile, quella nel cuore di ogni varesino. Il Sacro Monte, spoglio di tracce della dama bianca al netto di una spruzzata sui prati più alti del borgo, è la prima sorpresa negativa: a quelle altezze, l’acqua l’ha fatta ancora da padrone.

Saliamo, con il termometro della macchina che segna 5 gradi a 800 metri e il paesaggio sgombro, anche all’inizio della lingua di asfalto che introduce alle vette, coperte da nuvole basse che impediscono di conoscere ciò che ci aspetta: per ora, tutto intorno, c’è solo il marrone scuro degli alberi e quello più chiaro degli arbusti.

La sorpresa è al terzo tornante, porta di accesso verso un mondo finalmente diverso. In pochi metri tutto cambia: i prati si colorano di candido e la strada diventa un percorso fra due ali di neve spazzata dalla carreggiata e depositata ai suoi lati. È il benvenuto dell’inverno, ma è un saluto gocciolante, che sa di metamorfosi imminente, non ancora veramente freddo. Perseveriamo nella salita e superiamo i 1000 metri, con un occhio alla guida e uno – costante – a quel termometro di cui sopra che per mangiarsi un solo grado fa più fatica del nostro arrancante motore.

Tra il grande albergo e il ristorante Irma ecco che si entra in una dimensione “accettabile”, con il manto che supera di poco i 10 centimetri, un residuo di neve al centro della carreggiata e quello sui rami degli alberi, anch’esso, però, in procinto di cambiare stato. Chi si accontenta gode e così la pensano le decine di visitatori che troviamo nei paraggi: le macchine dei “malati di neve” occupano ogni posto libero tra una curva e l’altra, i loro passeggeri scendono equipaggiati di tutto punto per una passeggiata verso il Forte di Orino o verso le Tre Croci, l’abbaiare dei cani è la colonna sonora del sorriso – muto ed estasiato – dei bambini e le macchine fotografiche fanno capolino da quasi tutte le giacche a vento.

Non ci accontentiamo e continuiamo con l’ascesa, varcando i cancelli dell’Osservatorio. La prima fermata è nei pressi del piazzale della casa-ufficio, luogo in cui l’altezza della neve diventa più consistente e dove – tra le nuvole – si apre un panorama mozzafiato sulle valli interne, vere privilegiate dalla perturbazione domenicale: il bianco lo trovi ad ammantare il Brinzio e Castello Cabiaglio, gemme in mezzo a quel maledetto e predominante marrone. Ancora più su arriviamo alla meta, al regno di Salvatore Furia che è anche il punto più alto raggiungibile in auto.

È inverno? Non ne siamo ancora convinti. Incontriamo e , custodi e dipendenti dell’Osservatorio, che in mezzo alla neve non possono stare con le mani in mano: «Sono due giorni che lavoriamo. Per noi la neve significa tenere pulita la strada, controllare i rami spezzati, stare attenti al rispetto dei divieti da parte dei visitatori: domenica qui c’era il caos di macchine e persone». Sono alle prese con una fresa, il mezzo più potente a disposizione per liberare la strada.

Anche l’aggeggio, è un’impressione, sembra in difficoltà davanti a un manto pesante, acquoso, quasi da nevicata primaverile: «Ieri al Campo dei Fiori, a 1226 metri sono caduti 23 centimetri di neve – dice Artur – Con i 7 che si sono visti in precedenza siamo a un totale di 30, quasi a metà febbraio. Io sono qui da 16 anni e una roba del genere non la ricordo…». La risposta, ora, è definitiva: no, l’inverno non lo abbiamo trovato.