Caro Roberto, ritroviamoci. E questa volta sorridiamo

La lettera inviata a da Elisa Ballerio

Ciao Roberto,

ti scrivo su “La Provincia di Varese” perché so che, anche se sei oltreoceano, potresti riuscire a leggere queste parole.

Sono passati tre anni dal giorno in cui sei arrivato su quel prato a salvarmi la vita, sai ricordo tutto nitidamente come se il tempo si fosse congelato in quell’istante…tu che corri verso di me urlando : «Elisa sapevo che c’eri tu, sapevo che eri tu!» . Eri tornato a casa a prendere un maglione per la tua grande mamma Betty, e avevi visto vicino ad una macchina la proprietaria di un cane imbrattato di sangue, e tu da buon veterinario, ti sei avvicinato per chiederle cosa fosse successo, non so le sue parole ma so cosa hai fatto tu.

Ero sola su quel prato, sola con la mia bambina piccina in un lago di sangue, riuscivo a malapena vederla perché il mio viso era ridotto a brandelli, il sangue mi offuscava la vista ma non volevo che le succedesse nulla di più dell’orrore che a soli tre anni e mezzo le era toccato subire. A un metro o poco più da noi due c’era il mio secondo figlio, aveva solo cinque anni , paralizzato dal terrore mi supplicava di non morire,

ad una decina di metri più sotto la mia terza bambina in ginocchio che con i suoi cinque anni supplicava il cielo che io non morissi. Ci hai trovati così Roberto, sei corso su di me hai avvolto la tua camicia intorno al mio viso, alla mia testa e a quello che ne rimaneva, hai controllato i miei parametri vitali e poi hai accelerato i tempi di arrivo dei soccorsi. Io ti ho chiesto solo di salvare i miei bambini e tu lo hai fatto. Li hai portati via come un padre da quell’orrore li hai messi in sicurezza nella mia casa, hai affidato Alice alla proprietaria del cane e in quell’istante sei stato il solo ad ascoltare in quel mare di silenzio le nostre urla di aiuto. C’era un cielo autunnale, ma sembrava che il tempo non esistesse frantumato dal dolore .

Grazie Roberto, non finirò mai di dirtelo, se non fossi arrivato tu io non sarei più qui accanto ai miei bambini. Quando è arrivata Claudia Marchetto, il medico speciale che mi ha tenuta in vita con un coraggio da leoni tu le spiegavi come mi avevi trovato, hai raccolto i pezzi del mio corpo con i paramedici e ora sono di nuovo parte di me e mi permettono di avere un aspetto e una dignità che su quel prato avevo perso. Indimenticabili gli occhi azzurri e profondi della dottoressa Marchetto che mi teneva in vita con parole forti e di coraggio, dottoressa se legge questa parole sappia che non passa giorno in cui non le rivolga un pensiero di gratitudine. Un giorno, durante il mio lungo iter ospedaliero presso l’Unità di Chirurgia Plastica di Varese, camminando tra i corridoi dell’ospedale, accanto al portone della Chiesa Ospedaliera, l’ho incrociata e riconosciuta dagli occhi, le avrei voluto dire molto di più ma quando una persona ti salva la vita le parole perdono ogni significato e l’ho abbracciata perché è grazie alla sua tenacia se sono arrivata tra le mani uniche del Dottor Mario Cherubino e oggi posso scriverti.

Poi il resto un po’ lo sai, la vita cambia completamente ci si accorge che il quotidiano diventa uno scoglio dove la paura confonde la realtà. Accompagnare i figli a scuola, alla loro vita normale sembrava impossibile ma sono stata fortunata, ho incontrato persone meravigliose che si sono prese cura dei miei bambini e di riflesso anche di me, la scuola dell’Infanzia di Bosto ha rappresentato per la mia Alice un porto sicuro con una maestra equilibrata e speciale, Alessandra che l’ha accolta restituendola alla normalità del quotidiano insieme a Teresa e Cristina che sono diventate la mia ancora per due anni. Così come lo è stata la scuola Primaria Manfredini con gli altri due bambini, dove hanno ritrovato una dimensione umana, accogliente e finalmente di pace.

Sai Roby ho dovuto imparare anche a prendermi cura di me con coraggio, affrontando un percorso di supporto mentale e fisico affiancata da un bravissimo psicologo Sandro Anfuso e dalla presenza forte e costante degli amici, dall’aiuto della mia famiglia che non mi ha lasciata sola un attimo, di mia madre che nonostante una vita provata dal dolore mi ha insegnato a non cedere mai… perchè sai, nessuno si salva da solo e questo me lo hai insegnato tu ed io non lo dimentico.

Speravo che la giustizia facesse il suo corso, lo speravo dai primi colloqui presso la caserma dei Carabinieri di Gavirate dove ho trovato una grande solidarietà e ascolto, ma la strada della legge è stata a dir poco tortuosa. Nonostante la grande documentazione fotografica raccolta dall’equipe dell’Unità di Chirurgia Plastica durante ogni singola fase dell’accaduto, nonostante le minuziose cartelle cliniche stilate, su di me e mia figlia, dai chirurghi che hanno effettuato numerosi interventi dal Pronto Soccorso, all’Unità di Terapia Intensiva, fino alla Chirurgia Plastico Ricostruttiva, nonostante l’accuratissima perizia legale del dottor Cesare Garberi ad oggi io e la mia famiglia non abbiamo ancora ricevuto la giustizia che il caso merita. Da qualche mese comincio a vedere un sentiero possibile grazie a Marco Natola, il mio avvocato guerriero, altrimenti saremmo un caso accidentalmente e incredibilmente archiviato, cosa accaduta per ben due volte in tre anni.

Ma io continuo a crederci e a lottare senza fermarmi perchè come diceva il grande magistrato Paolo Borsellino “chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola” e io vorrei considerare chiuso e concluso questo capitolo della vita della mia famiglia.

E allora Roberto, se tu tornassi dal tuo lungo viaggio e ci rincontrassimo vorrei che il 17 Ottobre diventasse un anniversario di gratitudine alla vita e non un ricordo di dolore, un giorno in cui potremmo sorridere e abbracciarci felici di essere ancora qui, nonostante tutto.