C’è una nuova speranza per La Quiete

Asta deserta - Quando il capolinea sembrava a un passo, ecco il colpo di scena: si fa avanti un imprenditore di Frosinone

– Asta deserta: per La Quiete lo spettro della chiusura sembrava vicinissimo. Alle 22.30, però, arriva il colpo di scena. Alessandro Casinelli, imprenditore di Frosinone, fuori uscito dal gruppo Sant’Alessandro, si è impegnato a pagare entro il 4 di agosto la prima delle quattro mensilità arretrate degli stipendi dei dipendenti. Grazie a questo nuovo sviluppo il Tribunale di Varese ha deciso di sospendere lo sfratto sino al 16 settembre. Se per allora non arriveranno nuove garanzie,

lo sfratto diverrà esecutivo. Cinzia Bianchi della CIGL ha commentato: «È evidente che questo è uno spiraglio importante. I lavoratori, vogliono essere lavoratori per sempre. Se Casinelli sarà credibile con i dipenddenti della Quiete, sarà credibile con Varese». Nel pomeriggio Cinzia Bianchi della Cgil ha guidato il presidio davanti al tribunale di Varese dalle 14 sino alle 16.30 circa quando ad asta conclusa il giudice fallimentare Miro Santangelo ha sancito l’assenza di offerte per l’acquisto della clinica dal passato glorioso, in difficoltà dal 2009 quando è stata inclusa nel fallimento Ansafin. «Quasi dieci anni di travaglio – dicono i lavoratori – dopo l’acquisizione da parte del Gruppo Sant’Alessandro speravamo in un cambiamento». E invece no. «L’ufficiale giudiziario con lo sfratto che arriva ogni mese e mezzo, un’asta ogni sei mesi quasi, gli stipendi che non ci vengono pagati da quattro mesi – spiega Davide Faraone, rappresentante sindacale interno – È uno stillicidio che ci toglie la serenità necessaria per svolgere il nostro lavoro». Circa 200 persone in tutto quelle che resterebbero “a terra” dall’oggi al domani se La Quiete chiudesse e che temono, giustamente vista la situazione, non soltanto di poter restare senza lavoro ma di non riuscire a recuperare nemmeno gli stipendi arretrati. Faraone dà un quadro preciso: «Qui lavorano intere famiglie – spiega – marito e moglie che da quattro mesi, entrambi non percepiscono lo stipendio. Con mutui, conti da pagare, figli da crescere. Oppure famiglie monoreddito, dove l’unico reddito è qui».

Bianchi è chiarissima: «La nostra priorità sono i lavoratori. E oggi – lo ha detto prima dell’asta – vogliamo uscire da qui con una soluzione». Soluzione che appariva spettrale visto come l’asta era terminata. Nessuna offerta. In una situazione che pareva un ginepraio: Ansafin possiede le mura della clinica ed è di questo gruppo il fallimento in discussione che tra l’altro ha avuto strascichi sul fronte penale con indagati attualmente davanti al giudice per l’udienza preliminare. I servizi sanitari erogati dalla quiete sono invece in capo al gruppo Sant’Alessandro che ha fatto una cosa senza precedenti ma non nell’accezione straordinaria del termine. Ha versato, dopo essersi aggiudicato la gestione della clinica, 980 mila euro come richiesto dal fallimento. Ma non ha poi versato l’affitto allo stesso fallimento non pagando i 9 milioni di euro dovuti. Gli addetti ai lavori ieri commentavano: «È la prima volta che vediamo una cosa del genere». Perché i 980 mila euro in questione andranno incamerati dal fallimento. Andranno perduti: «Con quei soldi – commenta Bianchi – avrebbero potuto saldare i lavoratori». Alle 18 di ieri l’ufficiale giudiziario ha raggiunto la clinica per apporre idealmente i sigilli. Ma una speranza c’è. Esiste infatti un interessamento all’acquisizione della clinica da parte di una società veneta che opera nell’ambito della sanità. Un interessamento giudicato concreto dal curatore fallimentare da parte di una società seria. L’iter adesso è una questione temporale. L’ufficiale giudiziario ha contattato l’Asl: serviranno 40 giorni per ricollocare i pazienti della clinica. Ma servirà molto tempo per spostare tutti i macchinari: tempo e denaro che peseranno sul fallimento. Il tribunale fallimentare, per contro, dovrà correre per fissare una nuova asta. E pare che lo voglia fare: una seconda banditura potrà essere fissata entro la metà di ottobre. Le licenze che attualmente permettono alla clinica di operare sono in deroga perché scadute lo scorso 31 dicembre: se la clinica chiudesse verrebbero sospese. Rendendo molto meno appetibile l’acquisizione de La Quiete. Ma ci sarebbe un gruppo imprenditoriale del centro Italia pronto ad acquisire i due rami d’azienda (diagnostica e ricovero) di proprietà della Sant’Alessandro e questo potrebbe aiutare. Se la clinica riuscirà a restare aperta sino alla prossima asta c’è una speranza. «Restano i lavoratori – conclude Bianchi – il contratto nazionale per loro non prevede ammortizzatori sociali».