«Ciao Tata», l’addio a una stella

Una folla commossa ha partecipato martedì pomeriggio al funerale di Barbara Pinchetti

– Luce e amore per coloro che l’hanno conosciuta: questa era Barbara “Pinki” Pinchetti, l’energia, l’entusiasmo, la forza di volontà che trasmetteva alle persone care e anche a chi la incontrava semplicemente per la prima volta, entrando in negozio. “Ciao Tata”, il saluto affettuoso con cui si rivolgeva d’abitudine agli innumerevoli amici che aveva, affisso all’ingresso del Lazzaretto gremito da una folla ancora incredula, ha voluto essere il commiato terreno di questa donna coraggiosa, che fino all’ultimo

ha lottato contro il disturbo alimentare che l’aveva lentamente, inesorabilmente consumata per venti lunghissimi anni. “Tutti dobbiamo prendere esempio da lei, che non ha perso la sua battaglia: l’ha vinta, perché ha saputo lottare sino all’ultimo respiro”. Così ha salutato “Pinki” don Marco Casale, il parroco della Madonna della Speranza e della Pace, portando anche il ricordo commosso di don Marco Usuelli, il suo vicario, e di don Massimiliano Terraneo, suo predecessore. La commessa più coinvolgente di Varese, lo storico sorriso delle Rane Urbane: «La migliore in assoluto, ti vendeva di tutto, si faceva a gara ad andare da lei» ricorda Yvonne Rosa, la titolare di 3nd in Corso Matteotti, sua amica e compagna di cuore nelle Donne Biancorosse. «Le avevo chiesto di darci il la sugli spalti perché Barbarina, come la chiamavo io, era la più intonata della compagnia: era la nostra voce». Sulla bara di legno chiaro, avvolta in un fascio di rose bianche, una maglietta del Varese Calcio: il pensiero delle amiche con le quali condivideva la grande passione della tifoseria, perché non c’era domenica che non seguisse la squadra del cuore, anche in trasferta, prima degli ultimi mesi trascorsi fra le cure più pesanti. Il suo essere dono per tanti non era una dote comune: fra i presenti alla cerimonia anche Carlo Piatti, suo compagno delle elementari e rimasto amico fino all’ultimo. Le parole di don Casale, a ricordare quanto “Pinki” si fosse sempre prodigata per chi le stava attorno, al punto di dimenticarsi di se stessa, sono state seguite, in chiusura di funzione, da due splendide lettere della madre e di un amico caro, che è ritornato sul tema della luce: «L’amore è una forza – ha spiegato trattenendo le lacrime – che illumina chi dà e chi riceve e che a volte, per la potenza che esprime, fa paura. Per questo sono profondamente dispiaciuto nel non averti mai potuto esprimere l’amore che provavo per te, e lo faccio ora». Un messaggio d’amore, quello rappresentato dalla piccola, gentile Barbara dagli occhi di cielo, che diventa un monito anche oltre la morte: «Ci ha lasciato un compito» spiega Yvonne: «quello di aiutare le donne che soffrono della sua stessa malattia. In Lombardia sono disponibili solamente 25 letti per curare l’anoressia: è una cosa inammissibile». Così, assieme ai promotori di “Varesini diamoci una mano” ha optato per una raccolta di fondi a favore della struttura di Villa Miralago dove Barbara era stata ospite: un modo concreto per rendere omaggio alla sua battaglia.