Cuore d’Europa: Varese al centro della politica internazionale a metà del ’700

La Città Giardino ospitò un importante congresso per definire i confini tra gli Stati. Il borgo assunse una grande fama, che contribuì a farlo diventare feudo non trasmissibile di Francesco III d’Este

Varese ha sempre avuto una vocazione ad attrarre l’interesse internazionale. E infatti, già alla fine del XVIII secolo, ebbe un ruolo importante sullo scacchiere europeo. Il giornalista Fausto Bonoldi, con il suo lavoro di ricerca in collaborazione con “La Varese Nascosta”, ci porta a scoprire i fatti salienti che caratterizzarono la storia di Varese. E sempre in questo percorso, I LUOGHI E LA STORIA, creato da Bonoldi, andremo a scoprire alcune peculiarità sugli edifici antichi e sullo sviluppo di Varese.

Nel 1752, il borgo di Varese non ancora città per una volta nella storia fu al centro della politica internazionale. La villa del marchese a Biumo Inferiore, che oggi ospita l’oratorio, fu la principale “location” del Congresso di Varese, che riunì i rappresentanti dello Stato di Milano e della Repubblica Svizzera per fissare i confini tra la Lombardia, allora austriaca, e il Canton Ticino. Superati i contrasti, grazie a ripetute misurazioni sul campo, il Congresso,

apertosi il 19 giugno, si chiuse il 2 agosto con l’accordo su una linea di frontiera che ha resistito fino ai giorni nostri. La delegazione milanese, capeggiata dal conte , fu ospitata a Biumo Inferiore, oltre che a Villa Orrigoni, anche nella Casa Frasconi; i rappresentanti elvetici, guidati dal senatore , commissario di Locarno, furono alloggiati nella Casa Biumi Litta a Biumo Superiore e nella Casa Alemagna, demolita nel dopoguerra per costruire il palazzo della Galleria Manzoni. Il Congresso fu anche un successo promozionale per Varese: per intrattenere gli ospiti i varesini organizzarono spettacoli e altri momenti di incontro tra i delegati e i notabili locali. La fama di borgo civile non fu estranea alla decisione dell’imperatrice di concedere a Francesco III d’Este la signoria non trasmissibile di Varese.

La casa con le meridiane della Motta, una delle più antiche di Varese, apparteneva nel Settecento alla famiglia Guanzati. Il 3 febbraio del 1735, Antonio Francesco Guanzati morì all’età di 89 anni senza lasciare eredi; con il suo testamento, redatto dal notaio , aveva stabilito che la proprietà sarebbe passata alla Compagnia di Gesù alla condizione che vi aprisse una scuola entro tre anni. Prima del termine, il 27 ottobre 1737, i Gesuiti inaugurarono due classi di grammatica tenute da due maestri, un sacerdote e un laico. L’insediamento dei preti del “papa nero” non fu però molto bene accolto alla Motta, al punto che ai Gesuiti fu negato l’uso della chiesa di Sant’Antonio per celebrare le loro funzioni, che invece fu loro concesso in San Giuseppe.

Sarà forse per questo che i reverendi padri dopo soli sei anni, nel 1743, acquistarono le case di Giuseppe Bianchi e di Giuseppe Castiglioni in piazza Sant’Antonino (piazza Carducci) dove il 20 novembre di quell’anno trasferirono la loro scuola, dotata di una cappella di cui non rimane traccia. La missione educativa dei Gesuiti non durò però a lungo nemmeno nella nuova sede perché il 21 luglio del 1773 , francescano eletto da un Sacro Collegio ostile ai Gesuiti, abolì la Compagnia di Gesù, che fu ricostituita nel 1814, con la bolla Sollecitudo omnium ecclesiarum, da papa Pio VII.

Con il testamento del 13 gennaio 1828, lasciò l’intero suo patrimonio, del valore di 37.000 lire milanesi, per l’illuminazione pubblica della città. I lavori ebbero inizio nel 1830 con la collocazione di 19 lampade in piazza San Martino della Battaglia (Cacciatori delle Alpi), in piazza del Cappello (Beccaria), in piazza Sant’Antonino (Carducci), nel Corso (Matteotti), nella piazza del Teatro (Giovine Italia), in piazza del Podestà, in piazza Porcara o Porcari (Monte Grappa), a Pozzovaghetto (via Volta),in via Carrobbio, in piazza Sant’Antonio (Motta), a Porta Campagna (via Sacco), in piazza San Vittore e, infine, in piazzetta San Rocco (via Albuzzi).

Al concittadino benefattore Varese intitolò la via che qualche decennio dopo sarebbe stata dedicata a Vittorio Veneto, città simbolo della vittoria nella Grande Guerra. A un altro Garoni, Gerolamo, sindaco e imprenditore, che con Eugenio Maroni Biroldi e Giacomo Limido aprì nel 1874 il Grand Hotel Excelsior nella villa Morosini-Recalcati, è tutt’ora intitolata una via al Gaggianello.