«Curava il dolore dandoti una speranza. Montoli a Varese era il medico di tutti»

Non addio ma arrivederci - In quattrocento a San Vittorie per i funerali del grande Ermanno Montoli

– «Riusciva sempre a gettare lo sguardo oltre, per cogliere quel particolare che lo stimolava ad andare avanti». Quella fatta da monsignor è una sintesi perfetta di quello che , luminare della medicina e padre del pronto soccorso dell’Ospedale di Circolo di Varese, è stato sia come uomo che come medico.
Monsignor Donnini ha ieri celebrato le esequie di Montoli in una basilica di San Vittore gremita: almeno 400 persone sono arrivate alle 15.30

per l’ultimo saluto a «un grande varesino», come ha sottolineato il Prefetto . «È stato un pilastro della sanità varesina – ha ricordato nell’omelia monsignor Donnini, con accanto don e don , cappellani dell’ospedale mentre Montoli era in attività – Sempre attento a quella fascia di popolazione sofferente e spaventata. Ha portato avanti la sua professione come ogni medico dovrebbe fare: considerandola una missione. Uno sguardo attento, nonostante la sua vita abbia avuto momenti difficili e dolorosi: prima con la perdita prematura della madre, poi di sua figlia e, infine, della moglie lo scorso anno. Esperienze dolorose che lui ha affrontato con serenità e pacatezza».

Donnini ha poi allargato lo sguardo: «Il suo impegno non si limitò soltanto al lavoro – ha detto – si è messo al servizio della collettività quando ha partecipato alla vita politica cittadina prima come consigliere e poi come assessore. Nella vita sportiva, al fianco delle società. Lui si chiedeva sempre cosa potesse fare di utile. Per questo gli dobbiamo essere grati: quasi tutta Varese lo ha conosciuto direttamente o indirettamente. La comunità lo ringrazia per la sua opera. Il suo impegno esemplare ci invita a metterci a disposizione, sforzandoci di costruire nonostante i nostri dispiaceri. E se questo fa parte della sua vita terrena, dobbiamo ora pensare a ciò che viene dopo e che lui ha già incontrato. Per questo non può essere un addio, ma solo un arrivederci».

Realtà che hanno sempre avuto Montoli nel cuore: alle esequie erano presenti , un uomo che è un simbolo del Varese, , storico dirigente biancorosso e il capitano varesino . Le parole di monsignore hanno avvolto la basilica, hanno strappato un cenno di assenso al sindaco e al direttore generale dell’azienda ospedaliera che dopo la cerimonia ha confermato la volontà «di intitolare il pronto soccorso del Circolo al professor Montoli, un uomo che alla sanità varesina ha dedicato la vita». E questa sua vita dedicata alla medicina e alla sanità emerge in particolare dalle parole del prefetto, : «Lo ricordo quando il pronto soccorso era poco più di una grande stanza. Quest’uomo altrettanto grande passava di letto in letto: curava il fisico e contemporaneamente dava speranza. Un uomo e un medico eccezionale». Poco prima della benedizione, al termine della funzione, è stato , il figlio di Ermanno, a salire sull’altare. «Quando venni da monsignor Gilberto con mia moglie per parlare della funzione, lui mi chiese: sei certo di farcela a parlare? Lì per lì ho pensato: non lo so. È la terza volta che mi trovo a piangere la morte di un familiare: 19 anni fa mia sorella, a settembre la mamma e oggi lui».

Carlo Montoli prosegue: «Poi arrivato a casa mi sono detto: ce la faccio. Ce la faccio perché mio padre mi ha insegnato tanto, ma sopra tutto mi ha insegnato cosa significa senso del dovere. È questo, il senso del dovere, che ha guidato tutta la sua vita. E io oggi sono qui per ringraziarvi. Per ringraziare tutti coloro che in questi giorni mi hanno inviato messaggi d’affetto e vicinanza in ogni modo. Da tutto questo affetto sincero ho capito sino in fondo che gigante era mio padre. E allora io ce la faccio a dirvi grazie, così come lui avrebbe voluto facessi». Spontaneamente la basilica è esplosa in un lungo applauso. «Nella storia della sanità varesina – ha detto , parlamentare Pd, appoggiando la mano sul feretro per salutare Montoli – lui è stato un unicum. Lui era leader, capace di valorizzare tutta la squadra, dal medico all’infermiere. Con un solo scopo: il benessere del paziente». Ed è a sintetizzare Montoli: «Era un amico. Un medico che curava tutti. Era medico come tutti i medici dovrebbero essere».