Deborah e la norma che non c’è. Per ora le cure se le deve pagare

Alle 10.40 la nostra Simona Carnaghi sarà in

«Serve una normativa nazionale che stabilisca dei parametri oggettivi di intervento. Abbiamo un problema, questo è evidente, ma non sono le regioni ad avere la facoltà di intervenire». Fabio Rizzi, presidente della Commissione Sanità in Regione Lombardia interviene sul caso di Deborah Iori, la quarantenne di Sangiano affetta da Msc, Sensibilità Chimica Multipla. Rizzi interverrà sul tema anche oggi rispondendo a Radio Padania, che alle 10.40, con la trasmissione Onda Libera condotta da , coinvolgerà

anche il nostro giornale. La donna da un anno combatte la sua battaglia contro una malattia invalidante in un centro specializzato di Dallas. Quando è partita, nel maggio 2015, pesava 38 chili e non mangiava da un anno; non poteva uscire di casa e viveva in una stanza trasformata in campana di vetro. Oggi Deborah è tornata a mangiare alcuni alimenti (anche se la sua alimentazione resta complessa) e cammina. Le cure a Dallas, che hanno funzionato come attesta il suo miglioramento, sono state pagate grazie a una raccolta fondi tra privati.

Ieri Deborah è partita e ha raggiunto gli Stati Uniti per sottoporsi a una terapia di mantenimento della durata di tre anni, previa gravissima ricaduta. Quelli utilizzati per questo viaggio sono gli ultimi fondi raccolti. Deborah e la sua famiglia hanno chiesto all’Asl di Varese, fornendo documentazione che attestava la riuscita delle cure, di finanziare il proseguimento della terapia Usa. L’Asl ha detto no per ragioni normative: l’Italia non riconosce la Msc come malattia e la sua richiesta non può essere accolta. «Non può – spiega Rizzi – perché in assenza di una normativa nazionale abbiamo le mani legate. Non c’è un accordo nella comunità scientifica che consenta di codificare, di dare elementi oggettivi, in base ai quali esaminare la gravità dello stadio della malattia, e fissare dei limiti entro i quali la sanità pubblica possa intervenire. Non esiste la malattia, non esistono parametri entro i quali agire».

Rizzi spiega: «Senza questi parametri oggi noi creeremmo un precedente pericoloso. Certo le condizioni di questa donna sono invalidanti, ma senza dei limiti normativi, potremmo trovarci con 150mila richieste da parte di altrettante persone che presentino sintomi forse lontanamente assimilabili a questa patologia». E aggiunge: «Il problema c’è ma può essere risolto soltanto dal ministero della sanità attraverso indicazioni precise da parte dell’istituto superiore della sanità». Alcune Regioni, però, hanno riconosciuto questa patologia e fornito le sovvenzioni ai malati. «Sì, però queste regioni rischiano, anzi è quasi certo, un intervento della Corte dei Conti – dice Rizzi – Senza normativa gli sarà chiesto di giustificare perché questi fondi sono stati destinati a questi pazienti, invece che ad altri». L’Asl varesina, intanto, precisa: «Il giudice del Tribunale di Varese ha rigettato il ricorso presentato dalla signora Iori, volto a «condannare l’Asl di Varese a farsi carico integralmente, … per la degenza della signora … programmata per l’inizio del 2016… e la somministrazione di tutte le terapie prescrittele, sia durante le degenze stesse che domiciliarmente in attuazione al piano terapeutico … – si legge in una nota – La direzione dell’Agenzia di Tutela della Salute – Insubria conferma che sono state seguite e recepite dettagliatamente tutte le indicazioni in materia; inoltre, continuerà a gestire il caso della signora Iori in stretta collaborazione con l’Asst – Azienda socio-sanitaria territoriale – di competenza applicando le normative vigenti».