Due milioni “in fumo”. Nei guai broker varesino

Il caso. L’uomo, un operatore finanziario di 46 anni, secondo l’accusa avrebbe “taroccato” report e conteggi

Rassicurava i clienti dicendo loro che andava tutto bene: promotore finanziario a giudizio per truffa. Per l’accusa l’uomo, varesino di 46 anni, molto noto nell’ambiente, avrebbe taroccato report e conteggi, intercettando anche la corrispondenza tra l’agenzia per la quale lavorava e i clienti in modo da manipolare cifre e risultati. L’uomo è crollato ad ottobre 2014 dopo 13 anni di “inganni” secondo la procura: ha bruciato circa due milioni di euro. «Più che un ladro – ha commentato l’avvocato di parte civile Gianluca Franchi – un vero incapace. Tutto ha avuto inizio con la bolla finanziaria del 2001: da quel momento il promotore ha iniziato a mentire, spostando somme da un conto all’altro per coprire i buchi».

Nell’ottobre 2014 la ci confessione. «Si è presentato dai suoi clienti, miei assistiti confessando che tutti i loro investimenti erano pari a zero».

Quella andata in scena ieri in tribunale a Varese è una storia di ordinaria folle economia di carte. Il promoter, che oggi si è tolto dagli elenchi della categoria e sulla carta dunque non è più legittimato a esercitare, ed è stato licenziato nel settembre 2014 dall’agenzia per la quale operava, si sarebbe bruciato in investimenti sciocchi quasi due milioni di euro. Due sono i clienti che lo hanno trascinato in tribunale: due grossi imprenditori varesini che sulla carta, per gli inquirenti, ci hanno rimesso rispettivamente 600mila euro e un milione 200 mila euro.

L’accusa è di truffa aggravata. L’appropriazione indebita non è contestata. Sarebbe una storia di bugie e incapacità piuttosto che di malaffare, ladri e furbizia. In sintesi, secondo l’inchiesta coordinata dal pubblico ministero Massimo Politi, il promoter avrebbe eseguito investimenti che in accordo con i clienti avrebbero dovuto esser a medio o basso rischio. Ma che si sono rivelati fatali. Un esempio? Migliaia di euro dei committenti investiti in azioni di pagine gialle due giorni prima che il titolo colasse a picco.

L’incapacità, però, non è reato. Reato per la procura è invece mentire ai propri clienti, tra l’altro amici di famiglia e quindi fiduciosi nell’operato del promoter che gira in Porsche «ed è piuttosto arrogante. Senza contare che non ha mai offerto una proposta risarcitiva», falsificare i report, intercettare la corrispondenza bancaria in modo da annullarne l’azione di controllo, spostando soldi da un conto all’altro sperando di tappare i buchi affinchè nessuno si accorga di nulla e continui ad investire. Ecco, questo è reato: truffa aggravata.

Ad ottobre 2014, dopo almeno 13 anni «di magheggi – dice Franchi – il promoter si presenta dai clienti, con il legale accanto, e confessa. A luglio aveva detto loro: tranquilli avete quasi due milioni che fruttano. A ottobre ha confessato, perchè per noi è una confessione, i vostri investimenti valgono zero. Operazioni sbagliate? Avrebbe dovuto parlare subito. La truffa è qui». Marco Lacchin, legale del promoter precisa che: «Ogni operazione finanziaria è stata autorizzata dai committenti. A volte per iscritto a volte verbalmente – e aggiunge – è stata creata una sorta di realtà fittizia nella speranza di poter rimettere le cose a posto. Non un euro è stato sottratto». Ma in fumo sarebbero andati quasi due milioni di euro. E se la non capacità non è reato, il mentire cercando di coprirla per la procura configura il reato di truffa.