«E ora, cosa ci faranno lì? Su quelle colline è nato un pezzetto d’Italia»

Bob Morse - Un mito del basket parla dagli Usa

– «E ora, cosa ci faranno lì?» Bob Morse lo chiede quasi subito, pochi istanti dopo essere stato da noi informato della chiusura dello stabilimento Whirlpool di Comerio.  

La reazione è pacata, riflessiva, com’è nello stile del personaggio, ma un pizzico di amarezza attraversa l’Oceano e giunge fino a qui: «È stato un luogo molto rappresentativo. Per lo sport, per l’industria, per una famiglia. Ignis non è stata importante solo per Varese, ma per tutta la storia economica d’Italia. E non per caso: era all’avanguardia in tanti aspetti per quell’epoca».
Avanguardia nella produzione, intercettando i nuovi bisogni di uno Stivale che si riprendeva dagli anni bui.

Avanguardia nello sport, la seconda (o la prima?) passione del commendator Giovanni Borghi, che su quelle colline aveva voluto creare anche un centro dedicato. Un luogo in cui anche il super campione di Philadelphia è transitato nei suoi primi giorni varesini: «Firmai il contratto con la società a luglio – ricorda l’ala che arrivò alla corte di Varese nell’estate del 1972 – Ma arrivai in città, penso, il primo di agosto e subito andai a Comerio, per allenarmi con la squadra. Lì c’era la Casa dello Sportivo: mi ricordo come se fosse ieri la piscina, dove abbiamo fatto il bagno dopo l’allenamento».
In quella che fungeva anche da foresteria il giocatore che segnò 8164 punti con la maglia della Pallacanestro Varese trascorse anche le prime notti della sua esperienza in città, conclusasi nove anni dopo – rispetto a quell’agosto del 1972 – con il trasferimento all’Olympic di Antibes: «Insieme a Massimo Lucarelli rimasi alloggiato almeno una settimana alla Casa dello Sportivo. I ricordi sono tantissimi».

In Morse resta vivo quello del cumenda: «Mi è rimasto dentro il suo interesse per lo sport, per la nostra squadra, per quello che era il nostro quotidiano. Insieme al rammarico di averlo conosciuto solo negli ultimi anni della sua vita». Non ha molto d’aggiungere lo straniero più forte dell’epopea della Pallacanestro Varese: nessun commento, d’altronde, vale una storia che muore.