«Galimberti? 7»

Gianluigi Paragone, alla vigilia dell’uscita del suo ultimo libro, chiacchiera di Varese e del mondo. Il sindaco promosso a pieni voti, la politica italiana e internazionale. E «lo strapotere della finanza»

C’è poco di banale, in Gianluigi Paragone. Lo si può amare oppure odiare, si può essere d’accordo con lui o no, si può cambiar canale quando lo si incontra oppure alzare il volume. Ma di certo c’è che il giornalista varesino – conduttore su La7 de La Gabbia – è uno che quando parla, dice cose.

E allora, proviamoci: in una chiacchierata in cui diventa naturale partire da Varese per fare il giro del mondo, proprio nei giorni in cui esce il suo ultimo libro (Gangbank, Piemme editore: alla fine si parlerà anche di quello).

Le cose che Davide sta facendo, partono da idee giuste e condivisibili. Ma quello che più mi piace è l’entusiasmo, che dopo un anno comunque complicato è rimasto intatto e sembra si rinnovi ogni giorno. Non è semplice, anche perché Galimberti si trova a dover fare i conti con un passato stanco, che difficilmente regala stimoli per ripartire davvero e mettersi a fare cose

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Gli do un bel 7. Un 7 pieno. Che potrà anche crescere, se…

Diciamo che le cose da fare sono ancora molte, e poi c’è quello che era e resta il mio pallino.

Vorrei una Varese con un centro storico davvero pedonale: e questa idea, questo sogno è ancora lontano dall’essere realizzato. Perché credo che una città moderna, una città che vuole crescere, non possa permettersi di avere piazza Monte Grappa con le auto, i camion e gli autobus che le girano attorno. Una cosa del genere, è da città antica.

Il punto di partenza può essere corretto, anche se mi piace pensare a un’altra realtà. Personalmente, soprattutto ora che arriva la bella stagione, amo spostarmi in bicicletta. E mi piacerebbe girare in bicicletta anche per Varese, ma non lo faccio perché ho paura. Ma come sarebbe bello se la bici diventasse il mezzo di trasporto per eccellenza, per muoversi in città.

Ci sono ancora troppe strade, e a Davide l’ho detto, in condizioni inaccettabili. Non è facile trovare le risorse economiche per sistemarle, ma queste sono le cose che il cittadino vuole.

Seguo, seguo ancora: eccome se seguo. E quest’anno ho sofferto, perché a un certo punto la situazione sembrava davvero critica. Ma mi piace sottolineare il riscatto, il colpo d’ala avuto dalla squadra che si è risollevata e ha iniziato a vincere partite. Questa è una cosa molto varesina, una perfetta metafora della città.

Noi varesini siamo fatti così: tendiamo a sederci, ad addormentarci, a cullarci su quel che è stato. E abbiamo bisogno di prenderci una sberla in faccia, per svegliarci e capire che bisogna darsi da fare.

Vero, ma se l’indole è questa, è complicato cambiarla. A ben vedere, è successa la stessa cosa anche con i nostri imprenditori: seduti e fermi ai successi ottenuti nel passato, ci siamo fatti scappare il mondo dalle dita.

Oggi vincerebbe Grillo ma, per effetto di una legge elettorale imperfetta figlia di un capriccio di Renzi, sarebbe un vincitore debole. Che però non necessariamente avrebbe bisogno di un alleato

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Avrebbe bisogno di recuperare la centralità del parlamento. Centralità che oggi tra fiduce, decreti d’urgenza e richieste che arrivano dall’Europa, non c’è. Il M5S dovrebbe lavorare per creare delle convergenze in aula, su temi specifici: convergenze che uniscano, appunto. Sul tema del lavoro, per esempio, potrebbero trovarsi d’accordo Lega e Centrosinistra. Mentre sulla finanza e sulle banche si potrebbe ricompattare il centrodestra. Questa, potrebbe essere la strada.

Non lo so, davvero.

A livello giornalistico, sì. Ma non credo che sarà lei: il nome potrebbe anche arrivare dall’esterno del movimento.

I cattolici vogliono riacquistare quella centralità che un tempo avevano e che ora, ed è un bene, non hanno più. Leggo così l’intervista a Grillo: una volta era la politica che doveva andare a bussare alla chiesa, oggi è il contrario.

Credo che questo governo arriverà a fine mandato.

A me sembra tutto chiarissimo. Trump sarà un presidente che guarderà solo ed esclusivamente agli interessi americani: l’ha detto per tutta la campagna elettorale, e lo farà. Del resto, dovremmo smetterla una volta per tute di chiedere agli Stati Uniti di essere la nostra scialuppa di salvataggio, ogni volta. Perché questi aiuti, poi, ce li fa pagare tutti.

Quindi credo sia il momento di guardare anche dall’altra parte del mondo, verso l’EurAsia per esempio. Oppure, ancora di più, verso il Mediterraneo.

Perché è lo scenario decisivo, lo scacchiere dove si stanno giocando le partite più importanti. Parliamo del problema dell’immigrazione, parliamo della questione siriana, parliamo di Israele ma anche dell’Egitto e di tutto il Nordafrica. Ecco cosa dovrebbe fare l’Europa.

Perché purtroppo non esiste un’Europa politica, ma esiste soltanto un’Europa finanziaria. Che è legata e castrata dal calvinismo, dal penitenzialismo e dal rigorismo tedesco. A me piacerebbe comandasse la politica, ma purtroppo a comandare è soltanto la finanza. Di questo parlerà il mio ultimo libro.

Il titolo è chiarissimo: Gangbank. Il mio intento è quello di denunciare ciò che ho appena detto, ovvero lo strapotere della finanza sulla politica e sugli uomini. Sarà in libreria a partire da dopodomani.