«Ho ereditato da mio papà l’amore per questo lavoro. Piazza Repubblica, la sfida»

L’intervista a Ileana Moretti, nuovo presidente dell’Ordine degli Architetti di Varese

Onore, responsabilità, un filo di paura. Tanta voglia di incominciare e di scoprire cosa succederà. L’inizio di un’avventura (di un viaggio, di un libro, di una storia d’amore) si porta dietro queste cose. Ileana Moretti è il nuovo presidente dell’Ordine degli Architetti di Varese: raccoglie il testimone da Laura Gianetti e il suo sorriso parla per lei. Perché è uno di quei sorrisi che contagiano. «Come si fa a non essere entusiasti? I varesini tengono tantissimo alla loro città, lavorare per renderla migliore è un onore».

No. Certo, raccolgo un’eredità importante e impegnativa. Ma allo stesso tempo raccolgo un pacchetto di testimonianze importantissimo. Laura non se ne va, Laura resterà al mio fianco: come faccio ad avere paura?

Laura. E la prima volta che me l’ha chiesto, ovviamente, le ho detto di no. Poi ci ho pensato e ho capito che portare avanti il suo lavoro sarebbe stato affascinante. Perché i progetti iniziati dovevano continuare.

Non ci fermiamo davanti a nulla, quando vogliamo arrivare a fare una cosa di solito la facciamo. E ci piace fare quello che facciamo: ci divertiamo come pazze.

Traguardi da realizzare. Idee da trasformare in progetti e progetti da trasformare in realtà. Con una buona dose di incoscienza, con la mia voglia di ragionare sempre con la pancia.

Stanno già cambiando, e mi stanno piacendo. Mi sembra di essere tornata ai tempi dell’università, perché mi sono rimessa a studiare: ogni convegno, ogni presentazione, ogni personaggio. C’è bisogno di me, della mia presenza: quindi devo documentarmi, devo leggere, devo studiare: non posso più essere solo spettatrice. Dio, che bello.

Le premesse sono ottime, la volontà c’è: ora, si tratta di fare. Perché ci sono cose possibile e cose impossibili: e noi dobbiamo lavorare perché le cose che oggi sono impossibili, diventino possibili tra dieci anni. Il nostro motto sarà: “sguardo lungo”.

Una città fatta di architetture vive: vive e vissute. Opere magari meno belle, ma piene di vita.

È una delle sfide che ci attendono. Ed è chiaro che il “contenitore” va cambiato, ma anche il cittadino andrà educato al bello e alla vivibilità, Perché l’architetture è educazione e un’architettura ben fatta e funzionale può cambiare volto a un luogo. È successo a Berlino, ma anche a Malmoe e Copenaghen. Perché non può succedere a Varese? Abbiamo la forza e le forze per farlo: ai giovani dico andate all’estero, girate il mondo, imparate. Ma poi tornate qui, perché Varese ha bisogno di voi.

Perché tutto quello che hai fatto ha avuto il potere di farmi appassionare all’Ordine degli Architetti. Ed è merito di Laura, ma anche di Edoardo Brazzelli, ci tengo a dirlo,perché la sua è una presenza costante e fondamentale.

A mio papà, perché ha sempre creduto in me e amava fare quello che amo fare io e mi ha trasmesso questa passione. Tornavo a casa la sera per raccontargli i miei progetti, e oggi farebbe i salti mortali per la felicità. E grazie anche alla mia mamma, ovviamente…