I partiti a Varese sono ormai “stanchi” e al collasso. La politica ha due nomi: Galimberti e Orrigoni

L’editoriale di Marco Tavazzi, che fotografa la situazione attuale della politica varerina

Il dato politico è oggettivo. Il sindaco Davide Galimberti e la sua giunta sono usciti estremamente rafforzati dall’assemblea del Pd di lunedì sera. Avrebbe dovuto essere una sorta di “notte dei lunghi coltelli”. Non lo è stata. Avrebbe dovuto essere, ancora, perlomeno un “processo” verso i “dissidenti”. Non lo è stato. È stata invece una classica, magari anche noiosa per chi non è appassionato di politica, assemblea di partito, durante la quale si è fatto il punto sul primo anno di mandato della prima amministrazione di centrosinistra nella storia di Varese.

Perlomeno nella storia degli ultimi vent’anni. Ora Galimberti esce quindi vittorioso dal confronto interno. Ha vinto la battaglia, non certo la guerra, che probabilmente dentro il Pd (ma a livelli più alti, e non certo a livello di gruppo consiliare) è appena iniziata. Per quanto riguarda la sua azione amministrativa, sta riuscendo a fare, almeno in questa fase iniziale, quello che altri non sono riusciti: cercare di dare una svolta alla città. Che i suoi provvedimenti piacciano o meno, l’amministrazione sta dimostrando di avere una visione della città che non si esaurisce nel breve periodo.

Dopo un solo anno è ancora presto per giudicare, a metà mandato potremo avere più elementi per trarre un giudizio.

Certo, le polemiche e gli attacchi, quasi sempre ben politicamente definiti, non si contano più.

Ma questo l’avevamo già scritto all’indomani della vittoria di Galimberti, vale la pena ribadirlo ancora oggi: un cambio radicale di colore politico dopo oltre vent’anni non poteva essere indolore.

Gli sconfitti, abituati a governare, non l’hanno presa bene.

E in pochi ancora hanno recitato un decente “mea culpa”, cercando di capire i motivi per cui un territorio storicamente di centrodestra abbia voltato loro le spalle. I voti di Lega Civica, dopo l’indicazione di Malerba? Ovvio, hanno avuto la loro parte fondamentale. Forse sono stati determinanti, forse no. Così come non sapremo mai se i voti della stessa parte politica, che allora però si chiamava Udc, furono fondamentali nella rielezione di Fontana nel 2011 al ballottaggio. Il voto, almeno in teoria, è ancora segreto.

Una cosa mi sento di dirla: il centrodestra è riuscito ad andare al ballottaggio, l’anno scorso, stando in vantaggio iniziale sul centrosinistra solo ed esclusivamente grazie alla forte personalità di Paolo Orrigoni, il cui apporto come candidato sindaco è stato fondamentale per una coalizione che, senza di lui e senza la sua lista civica, sarebbe probabilmente crollata sotto il 30 per cento.

La mia è ovviamente un’ipotesi. Ma è un dato di fatto lo scontento che si registrava ormai da anni in città, dovuto principalmente alle mancate risposte delle giunte leghiste. Giunte che hanno espresso personaggi molti validi (non tutti ovviamente, ma la maggioranza), e un sindaco di alto livello, Attilio Fontana. Il problema dell’immobilismo è stato dovuto alle beghe di partito, alla scarsa capacità di riuscire ad andare oltre queste lotte interne per amministrare per il bene della città e saper dare una visione di Varese.

Le giunte di centrodestra hanno saputo portare avanti solo l’ordinaria amministrazione, l’hanno fatto bene o male a seconda dei momenti, ma sicuramente non sono state in grado di andare oltre.

Di imprimere con forza un cambio di passo ad una città che rimane ancora oggi inchiodata al palo. Con tantissime potenzialità, che tuttavia restano per la maggior parte inespresse. E non tiriamo fuori il Piano dell’ex Caserma, che nell’arco di quasi dieci anni sono riusciti a compiere piccolissimi passi e solo con il soccorso della Regione. Il centrodestra, quindi, se vuole risorgere deve iniziare a fornire una visione alternativa della città rispetto a quella del centrosinistra.

Ma l’unica persona, nel centrodestra, in grado di farlo è Orrigoni. Lega e Forza Italia sono partiti ormai “stanchi”. Orrigoni non è un politico nel senso stretto del termine.

È un civico che può dare un forte apporto alla vita politica.

Al momento lo sta facendo dai banchi dell’opposizione, ma in sordina, con un po’ di timidezza. Probabilmente, lui e i suoi colleghi, civici e non politici di professione, non erano pronti al “tritacarne” della civica assemblea e sono rimasti storditi.

Ma questo è il gioco. E bisogna giocarlo.n