I ruggenti e mitici Anni ’80 e le partite per non morire. Quante lacrime per il Meo

Breve viaggio in ciò che è stata Varese-Pesaro

All’appello mancano ancora (e mancano tanto) Virtus Bologna, Fortitudo Bologna, Benetton Treviso e Virtus Roma: sono rimaste solo Cantù, Milano, Varese e Pesaro a tenere alta la bandiera dell’epica nel massimo campionato di oggi.

Gli scontri tra le ultime due sono un racconto che sublima il proprio interesse negli anni ’80, “da bere” anche nella pallacanestro italiana: tra quelle partite che valevano scudetti e coppe Italia e le gare che negli anni recenti hanno respirato l’odore pungente dell’ultima spiaggia, le pagine sono mitiche e dense di attimi indimenticabili. Varese, però, ci è entrata quasi sempre dalla parte sbagliata: nell’elenco dei pomeriggi “nero-biancorossi” il famigerato “piede di Cook” è solo uno degli episodi.

Per decenni la sfida è impari. Mentre Varese costruisce la sua fama in Italia, in Europa e nel mondo, Pesaro non scalfisce mai la sua assenza dagli albi d’oro. Fino al 1982 il miglior risultato ottenuto dai marchigiani sono due quarti posti in campionato (stagioni 1959-60 e 1980-81). Nel 1974, tuttavia, in riva all’Adriatico arriva un messia che di nome fa e di cognome : l’identificazione con le squadre che si succedono negli anni e con l’ambiente pesarese è di quelle destinate a lasciare il segno, tanto da diventare la sponsorizzazione più lunga nella storia del basket italiano. I primi tempi servono per crescere, poi il binomio sboccia e inizia a fare i conti anche con Varese, che – invece – si è appena lasciata alle spalle i suoi indelebili anni ’70 (nei quali si registrano precedenti significativi tra le due realtà solo nella coppa nazionale: quarti di finale 1970 e 1971, due vittorie varesine).

Nascono match e serie epici. La prima è la: vince Pesaro, che nell’hangar di ribalta il 91-77 di con un 109-93. Passano tre anni e le due grandi signore del basket nostrano si scontrano per la : ruba palla a , (leggete l’intervista nella pagina accanto) non vede il suo piede ben oltre la linea e il “non fischio” conduce la squadra allenata da Valerio Bianchini in finale, dove viene battuta dalla . Altro capitolo sono i quarti di finale dell’anno dopo: per la seconda volta a piangere è la splendida di . ne “scrive” 69 in tre partite, Varese ne strappa solo una, di poco, al: 2-1 Pesaro.

Purtroppo no, non è ancora finita: . È contro , il grande e la “rana” contro la confermata coppia Daye-Cook. Pesaro distrugge la Ranger in gara 1, ma nel secondo atto a Masnago si dimostra immarcabile per chiunque indossi la maglia rossa con le strisce bianche. La difesa più efficace è quella della sfiga e si rivelerà terminale per Varese: Meo, dopo aver segnato 23 punti, prova un’entrata contro arriva in aiuto e il scivola sul parquet. Fracassandosi. La riesce a portare a casa la vittoria, ma la botta psicologia fa male: lo scudetto va nelle Marche in quattro gare totali.

Le ultime, dell’intera storia di Varese-Pesaro, in una serie di playoff.

Nel 1992 la stessa Ranger finisce in la Scavolini lo fa qualche anno dopo, poi addirittura fallisce nel . Nel la caduta in seconda serie è ancora varesina. Ci si ritrova nella stagione , con l’epica – appesantita dagli anni – che ha cambiato decisamente canovaccio: le sfide sono sempre accese, ma valgono soprattutto per salvarsi.

Nel la banda di zecco espugna l’Adriatic Arena alla seconda giornata, facendo intendere un futuro radioso che mai si materializzerà davvero. Pesaro si vendica al ritorno, a Masnago, nel mezzo di una serie nera che porta al terremoto delle doppie


.

Le puntate più recenti sono quelle andate in onda un anno fa: 1-1 il bilancio. La squadra di vince a Masnago, ma scrive una pagina assai buia al ritorno, facendosi rimontare sedici punti in 10 minuti (con il già tagliato a disfare per il campo) e piombando nelle parti basse della serie A.

Varese-Pesaro è anche storia di ex: tanti, tra giocatori e allenatori.

Degli anni pionieristici – tra gli atleti – si ricorda soprattutto , prima plurititolato nella Ignis stellare, poi effettivo importante in centro Italia. All’inizio, a passare da una parte all’altra, sono soprattutto gli italiani: , , , e . Poi gli interscambi diventano internazionali: protagonisti sono , , , , , , , , e. Gli ultimi, in ordine cronologico, sono e , oggi biancorossi.

Tra gli allenatori i nomi sono ben più illustri: , a Pesaro negli ultimi anni di carriera dopo essere stato leggenda a Varese, , ,
e . Infine c’è il caso del “paròn” , hall of fame sotto le Prealpi da giocatore e di passaggio sulla riviera da allenatore.