Il pm Manfredda al Sass Pinì. La famiglia di Lidia: «Grazie perché cercate ancora»

Caso Macchi: sopralluogo ieri a Cittiglio. Gli avvocati di Stefano Binda: «Sta male»

Omicidio Macchi: pronti a scavare al Sass Pinì di Cittiglio.

Ieri pomeriggio vi è stato il sopralluogo del sostituto procuratore generale di Milano, Carmen Manfredda, che coordina le indagini: dalle 16 alle 19, con i fedelissimi della squadra mobile di Varese, il sostituto pg ha voluto ripercorrere a piedi la collina dove fu trovato, il 7 gennaio 1987, il cadavere di Lidia, 20 anni, varesina, studentessa di giurisprudenza, scout e militate di Comunione e Liberazione.

Uccisa, Lidia, nella notte tra il 5 e il 6 febbraio di quell’anno con 29 coltellate. Per colpirla fu utilizzato forse uno stiletto: l’arma del delitto non è mai stata trovata. Lo scorso 15 gennaio fu arrestato Stefano Binda, ex compagno di liceo di Lidia, che con lei forse ha avuto un flirt, accusato da Patrizia Bianchi, anche lei amica di Lidia all’epoca dei fatti, di aver scritto la lettera anonima in morte di un’amica, recapitata a casa Macchi il 10 gennaio 1987, giorno dei funerali della ragazza.

Binda, in nove mesi di carcere ha perso 27 chilogrammi. «Sta male – dicono gli avvocati difensori – abbiamo chiesto una visita medica urgente. È troppo deperito».

Per gli inquirenti, chi scrisse quella lettera era o l’assassino di Lidia o qualcuno che sapeva.

Il pg Mafredda aveva già fatto eseguire degli scavi a Varese, al parco del castello di Masnago, degli scavi in cerca di indizi. È stato Daniele Pizzi, avvocato della famiglia Macchi, a chiedere che l’arma del delitto venisse cercata anche a Cittiglio, dove il cadavere di Lidia fu trovato.

«Queste ricerche rappresentano un tassello molto importante nell’ambito delle indagini sulla morte di Lidia: a distanza di 30 anni l’arma del delitto non è mai stata ritrovata e, dopo le ricerche al Parco Mantegazza, di Varese è fondamentale indagare anche al Sass Pinì – ha spiegato Pizzi – Quando, a inizio giugno, mi ero recato in Procura Generale a Milano per formalizzare l’istanza affinché venissero effettuate queste ricerche, ne avevo avuto modo di parlare con la dottoressa Manfredda,

apprendendo con piacere come questa cosa fosse già nelle sue intenzioni, a riprova della perfetta sintonia con la magistratura requirente che si sta occupando del caso.Da parte della famiglia Macchi c’è grande gratitudine per le energie che la Dottoressa Manfredda e la Polizia di Stato, senza lasciare nulla di intentato, stanno impiegando per far luce sulla morte di Lidia: dopo 30 anni di attesa, ora i famigliari vedono finalmente smuoversi qualcosa e, anche se da parte loro non c’è mai stata una ricerca del colpevole a tutti i costi, sono felici di vedere che il caso di Lidia è uscito dal dimenticatoio in cui pareva essere inesorabilmente caduto».

Gli scavi inizieranno settimana prossima. L’area presa in esame non sarà vastissima. La zona in 30 anni è cambiata. Tuttavia, con una triangolazione, gli inquirenti sono riusciti ad individuare, nonostante tutto, il punto esatto dove è stato trovato il corpo di Lidia.

Saranno i militari dell’Esercito Italiano, 10° reggimento Genio Guastatori di Cremona, con gli agenti Polizia di Stato, ad eseguire le ricerche. La zona sarà suddivisa in settori. L’area posta sotto sequestro sarà scavata per lotti, sotto la supervisione di un geologo forense. Binda, intanto, è in carcere. Pochi giorni fa è stata rigettata dal Gip la sua ennesima richiesta di scarcerazione.

O, quanto meno, di accedere agli arresti domiciliari: in quasi dieci mesi di detenzione ha perso 27 chilogrammi.

È troppo magro ed estremamente sofferente. I legali hanno chiesto che venga sottoposto a visita medica. Le condizioni fisiche del sospetto appaiono preoccupanti. Binda sta male.