Il testimone tenta un’estorsione all’avvocato

L’uomo avrebbe chiesto soldi al legale di Argenziano, dopo averlo minacciato

«O mi dai 144 mila euro, oppure vengo in aula e dico che il tuo cliente è colpevole». Testimone “spontaneo” tenta di estorcere denaro al difensore dell’imputato. Cacciato dall’aula dal presidente della Corte d’Assise Orazio Muscato «lei qui non sarà mai ascoltato», ha detto il giudice e denunciato dalla vittima dell’aggressione. È il colpo di scena avvenuto ieri mattina durante il processo che vede Alessandro Argenziano, 40 anni varesino, per l’omicidio della moglie Stefania Amalfi, trovata morta a soli 28 anni, nell’abitazione di via Conca d’Oro dove viveva con il marito.

Per l’accusa Argenziano la uccise per incassare una polizza vita da circa 30 mila euro inscenando poi il suicidio della donna per coprirne l’assassinio. Alle 9.30 il “super” teste s’è dunque presentato puntuale ignaro di quello che stava per capitargli. L’uomo era pronto a parlare quando l’avvocato Stefano Amirante ha spiegato al giudice chi fosse da vero. È venuto fuori che dopo l’udienza dell’11 gennaio l’uomo si sia presentato agli inquirenti spiegando di aver letto del processo sui giornali e di avere delle dichiarazioni da fare.

Ascoltato in Questura il teste ha dichiarato di aver visto Argenziano aggredire la moglie in modo violento su un bus varesino alla fine del 2014. Dichiarazioni che avrebbero avvalorato la tesi accusatoria ma anche quanto sostenuto dai familiari di Amalfi (l’uomo avrebbe avuto in tribunale anche un breve colloquio con una delle sorelle di Stefania) e cioè che Argenziano era violento con tutti soprattutto con la moglie che minacciava di morte e picchiava.

La coppia, in realtà, all’epoca viveva a Vercelli, difficile che potesse andare a litigare in bus a Varese. Ieri è inoltre emerso che il teste è “avversario” di Amirante in una causa civile che non ha nulla a che vedere Argenziano. Una causa che vale 144 mila euro e che vede il teste contrapposto al difensore. Lo stesso teste avrebbe già minacciato l’avvocato in tre occasioni, tutte denunciate, di fargli chiudere lo studio o distruggerlo sempre in relazione alla causa civile alla causa civile. L’altro ieri l’uomo si è di nuovo presentato in studio minacciando il collega di Amirante (lui era fuori).

«O mi pagate 144 mila euro, oppure io vado in tribunale e racconto che ho visto Argenziano picchiare la moglie. Ho già parlato con la polizia». Il teste tra l’altro non conoscerebbe nemmeno Argenziano. L’avvocato non si è fatto intimorire e ha presentato un esposto denuncia finito nelle mani del giudice ieri mattina con immediata cacciata dall’aula del testimone. La denuncia adesso farà il suo corso: tecnicamente potrebbe trattarsi di un tentativo di estorsione. Reato al quale il teste non sarebbe nuovo visti i precedenti. In aula è stato ascoltato anche il militare che intervenne a casa Amalfi-Argenziano, a Varese, su richiesta dei familiari della donna che vivono a Vercelli convinti che Argenziano stesse picchiando la moglie impedendole di contattarlo. «Trovai un’atmosfera tranquilla – ha detto il militare – la donna mi disse che stava benissimo e che anzi avrebbe cambiato numero di cellulare perché non voleva essere contatta dai familiari con i quali non voleva avere nulla a che fare. Mi pregò di chiedere ai colleghi di Vercelli di smettere di contattarla».