La Croce Rossa scalpita. «Fateci aiutare le vittime»

Terremoto e polemiche - Duecento lombardi pronti a partire. Ma per i vertici nazionali non c’è bisogno di loro

Duecento operatori della Croce Rossa Italiana della Lombardia, tra cui anche alcuni varesini, chiedono a gran voce di poter essere d’aiuto alle persone colpite dal terremoto. Dai vertici nazionali, però, la risposta è categorica: «Non c’è bisogno di loro. La Croce Rossa attiva i contatti delle zone prossime all’evento e la Lombardia è una delle regioni più lontane: al momento non servono soccorritori».
«Vogliamo partire per le zone terremotate e svolgere il nostro lavoro, vogliamo rispondere agli appelli dei sindaci di Amatrice,

di Accumoli, di Posta, di Arquata del Tronto e di Pescara del Tronto. Noi soccorritori della Croce Rossa siamo pronti a partire, ma non ce lo permettono». La denuncia arriva da Mirco Jurinovic, dirigente sindacale dell’Unione sindacale di base (Usb) e soccorritore qualificato della Croce Rossa Italiana della Lombardia.
Le organizzazioni sindacali lamentano che in tutta Italia sono circa 900 i soccorritori dell’Ente, altamente qualificati e non utilizzati per operazioni di soccorso, che dal prossimo 1 settembre verranno messi in mobilità e utilizzati in diversi uffici della Pubblica Amministrazione dove ci sono carenze d’organico. Le condizioni dei lavoratori della Cri Italiana sono iniziare a cambiare da quando, nel 2012, l’ente pubblico ha subìto un processo di privatizzazione. Dopo due anni di proroghe, il decreto legislativo 178 entra in vigore nel 2014. Una privatizzazione graduale, in tre fasi, che porterà la Croce Rossa italiana a diventare un’associazione privata di volontariato sostenuta in gran parte da finanziamenti privati, con una contestuale riduzione del contributo statale che dal 2017 porterà a un risparmio, «nell’ipotesi più pessimistica» di 42,6 milioni di euro l’anno. Nel dettaglio, il riordino della Croce Rossa risponde a quattro finalità: anzitutto, la «valorizzazione dell’attività dei volontari» e la necessità di un assetto «più corrispondente ai principi di autonomia e indipendenza del movimento istituzionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa»; poi il «completamento del risanamento della gestione» e la «riduzione nel tempo del contributo pubblico alla Croce Rossa Italiana da attuarsi unitamente al ricollocamento di personale in esubero presso altre pubbliche amministrazioni e alla crescita del finanziamento privato». Tutti i dipendenti del 118 hanno dovuto scegliere tra privato e pubblico. I primi sono entrati nel meccanismo del contratto privatistico. I secondi, hanno seguito la via dell’esubero. In pratica, «i dipendenti di Cri che hanno scelto di mantenere il contratto pubblico – spiegano dalla Fials – sono stati demansionati e obbligati a non salire più sulle ambulanze. Al loro posto, l’azienda privata ha fatto nuove assunzioni, con contratti che garantivano meno tutele rispetto a quelli precedenti».
Così, ora, in occasione della calamità naturale che ha colpito il centro Italia, i dipendenti lombardi della Cri chiedono di essere utili per i propri connazionali. Una rivendicazione che cela anche la voglia di riscatto della professionalità acquisita da anni sul campo.