La “Notte Atlantica” nei versi di Paolo Rindi

Domenica 12 marzo sarà presentata la raccolta di poesie del ragazzo scomparso in Val Grande

La “Notte Atlantica” con il sottotitolo “Chromoestesia” è l’unico (purtroppo) libro di poesia di Paolo Rindi. Varesino scomparso a 20 anni, in Val Grande, durante una escursione di montagna. Ma se il tempo delle cose ha fatto il suo breve corso, quello delle parole è appena iniziato e comincia da un discorso poetico. Perché, come afferma Fabio Scotto nell’introduzione del volume, «l’atto poetico è un atto contro la morte la cui durevolezza sfida ogni limite, anche l’estremo della nostra umana finitudine».

Il libro postumo di Paolo Rindi – edito da Nuova Editrice Magenta nella collana Proposte – sarà presentato domenica 12 marzo, alle 17.30, al teatro Santuccio di via Sacco 10, a Varese. L’evento – organizzato da Marco Verduci e Carolina Lidia Facchi – si intitola “Concerto per un libro” e prevede l’esibizione dei Radioaut, la band in cui suonava Paolo Rindi, Giovanni Conti al pianoforte, la cantante Carolina Lidia Facchi e il chitarrista Patrizio Pedotti. Le poesie saranno interpretate da Aurora Scarpolini, Corrado Santini e Federico Masedu. Interverranno Dino Azzalin, Fabio Scotto e Rosa Zanotti.

Il libro, nella scelta del sottotitolo “Chromoestesia” e nell’articolazione dei testi in varie sezioni (poesia bianca, poesia verde, poesia rossa, ecc.), rimanda al poeta simbolista francese Arthur Rimbaud. «Paolo come Rimbaud è un giovane viaggiatore e un “esploratore” un curioso della vita in tutte le sue variabili anche nella riflessione profonda e del dolore» si legge nel comunicato stampa che presenta l’iniziativa.

Rosa Zanotti, l’insegnante di scienze umane di Paolo, nella post-fazione, spiega che «Paolo aveva affinato i sensi e sapeva guardare il mondo nella sua complessità, con uno sguardo attento, anticonformista e autentico, cercando di penetrare lo spazio interiore del mondo, la congiunzione tra superiore e inferiore, costruendo un suo itinerario di crescita attraverso arte, filosofia, fedeltà alla terra. La poesia per lui era diventata intuizione, evocazione, presentimento, congiunzione con l’animo del mondo. Un po’ poeta, un po’ mistico, viandante delle soglie estreme, tanto che in uno dei suoi scritti dice: “Conoscere, conoscere in ogni luogo e ad ogni ora, ecco il motivo del mio viaggio. Ogni posto perde progressivamente d’importanza durante il viaggio, e oggi posso essere fiero di sentirmi a casa dovunque, sdraiato su una verde prateria o in cammino su un anfratto di montagna”».

È questa sete di sapere che ha portato Paolo in alto, sulla vetta del monte, alla ricerca dell’assoluto e di quella nobile solitudine che permette di vedere oltre il visibile.