L’analisi di Marco Dal Fior: «Ora è una partita a tennis. Soli, uno di fronte all’altro»

L’intervista del nostro Francesco Caielli

– Non ci si può improvvisare politici e, tantomeno, ci si può improvvisare esperti di politica. I giorni che seguono il voto son strani: i varesini, che solitamente si limitano a ritenersi esperti di pallacanestro, si scoprono fini analisti. Tutti, più o meno, hanno condito la loro bacheca di Facebok con un pensiero sulla sfida per Palazzo Estense. Facciamo una cosa? Parliamone con uno che di politica ne capisce per davvero.

No. Varese non sorprende quasi mai alle urne: è una città politicamente coerente.

Succede che è finito il primo tempo, si fanno le sostituzioni del caso e si torna in campo. Però ora si giocherà un altro sport: fino a domenica si è giocata una partita di pallone, ora si giocherà a tennis.

Nel senso che adesso Orrigoni e Galimberti sono da soli, uno contro l’altro. Niente consiglieri, niente liste, niente di niente. Uno contro l’altro.

Quindi può succedere di tutto: il punteggio non è 0-0 ma quasi. È un po’ come quelle partite di coppa con l’andata e il ritorno: all’andata si è pareggiato senza reti, al ritorno la squadra di casa è avanti 1 a 0. Sta vincendo, ma se l’avversario segna un gol, anche fortunoso, anche in pieno recupero, passa il turno.

Sono meravigliato dal risultato ottenuto da Luisa Oprandi, che ha preso il doppio delle preferenze di Maroni. Questo significa che la gente ha bisogno di volti, facce: se il nome e il volto funzionano arriva il voto, altrimenti no.

Altro segnale importante. Hanno sottratto forze al partito del non voto, hanno portato alle urne persone che magari non avrebbero votato, ma l’hanno fatto per aiutare il familiare o l’amico.

I sondaggi, per definizione, danno fastidio agli elettori e non aggiungono nulla alla campagna elettorale e ora sono una sorta di boomerang. Perché il centrosinistra ha ottenuto il risultato più alto della sua storia, ma ora viene letto come una sconfitta. Per colpa di un difetto di comunicazione.

Non è stata una scelta felice. Galimberti è sempre stato visto come un politico atipico, un civico prestato alla politica. L’investitura ufficiale di Renzi gli ha appiccicato addosso un’altra etichetta, spiazzando tutti. E nemmeno Salvini, che era a Varese un giorno sì e l’altro pure, ha secondo me aiutato Orrigoni.

Ma sì, tennis. Perché devo dire che questa campagna elettorale si è fatta apprezzare per un generalizzato fair play, per fortuna. C’è stato qualche attacco, per carità, ma non si è mai andati oltre. E credo che quanto accaduto sabato sera all’oratorio di San Vittore, con i sei candidati a sfidarsi a paletto, ne sia la dimostrazione più vera. Varese, in quella serata, ha dato una lezione di civiltà a tutta Italia.