Morì in ospedale a Luino dopo 4 ore di attesa. Assolto il medico che la visitò

Accusato di omicidio: per il giudice il fatto non sussiste. Fatma Jejili fu colpita da un’embolia polmonare

– Morì in ospedale dopo quattro ore d’attesa: assolto il medico del pronto soccorso che la ebbe in cura. Un’assoluzione con formula piena dall’accusa di omicidio colposo: perché il fatto non sussiste.

Il giudice ha però ordinato il rinvio degli atti in procura per verificare la posizione del medico di base alla quale la donna si rivolse due volte nelle 48 ore successivo al decesso: cioè nei due giorni antecedenti la decisione di rivolgersi al pronto soccorso. Era l’aprile del 2014 quando , questo il nome della donna, giunse in ospedale verso le 14 e morì intorno alle 18.

Ad ucciderla, stabilì l’autopsia, fu un’embolia polmonare. Purtroppo quel giorno l’infermiere al triage dell’ospedale assegnò un codice verde alla povera 34enne, madre di due bambini piccoli, che ritardò le cure. Tuttavia, secondo quanto stabilito ieri dal giudice di Varese, il decesso non è da imputarsi nemmeno al medico del pronto soccorso che la ebbe in cura. Il dato era apparso già abbastanza chiaramente in fase dibattimentale quando, tutte le perizie agli atti, asserirono proprio questo: il medico del pronto soccorso non ebbe alcuna responsabilità. E quello specifico“ritardo” nelle cure non ha in alcun modo influito sulla sorte della malcapitata. Tuttavia il giudice ha inviato gli atti in procura affinchè venga vagliata la posizione di un altro medico. Non in servizio all’ospedale di Luino, ovviamente.

Si tratta del medico di famiglia alla quale la donna si rivolse prima di recarsi al pronto soccorso lamentando spossatezza, difficoltà respiratorie e una strana tosse fastidiosissima. Il medico trattò il caso come fosse una malattia da raffreddamento. La perizia del consulente dell’accusa, secondo il difensore di parte civile , ha però accertato che la donna fu uccisa da un trombo che si staccò dalla gamba e percorse il corpo fino ai polmoni. Impiegando ore e ore, se non addirittura giorni, prima di causare l’embolia polmonare che uccise Fatma mentre si trovava in attesa al pronto soccorso di Luino.

Una diagnosi forse più prudente da parte del medico di famiglia, avrebbe potuto salvarle la vita?