Numerose le piante che non hanno retto. Ma il pino di Salvatore Furia ce l’ha fatta

È stato fonte di ispirazione per generazioni di alunni che sedevano a ritrarlo durante le ore di disegno dal vero

Sono, gli alberi, i nostri protettori: i tesorieri del genius loci, i custodi delle nostre terre, i testimoni della nostra identità, come nel “Segreto del Bosco Vecchio” di Dino Buzzati.

Ed è proprio questa simbologia che li rende, da tempo, i fedeli compagni delle scuole varesine, che a volte sono edificate in aree boschive e godono già della presenza di specie autoctone nei bei parchi; molte altre, invece, sorgono in luoghi dove è utile e caro impreziosire gli spogli cortili di nuove, verdi presenze. E fra tutti gli alberi che si offrono come nume tutelare alle scolaresche della Città Giardino, i più noti erano proprio gli abeti fatti piantare da Carolina De Giorgi alla Don Rimoldi –

ora ne rimane uno, solitario, incastonato nel giardino a protezione dell’auditorium dove ha sede l’Accademia Teatro Franzato, la primavera della cultura cittadina – e il pino silvestre nel bel parco della Canziani, la primaria di via Marzorati decretata a luglio strutturalmente inagibile. Fonte di ispirazione per generazioni di alunni che sedevano a ritrarlo durante le ore di disegno dal vero, era l’albero prediletto dell’indimenticabile Salvatore Furia, che lo elesse “testimonial” della Festa degli Alberi delle scuole varesine perché amava l’insolita presenza in quel parco di un esemplare tipicamente nordico. «Sta bene, non gli è successo fortunatamente niente» spiega Pietro Cardani. «Il pino silvestre si trova in montagna alle alte latitudini, come in Alto Adige, ma è anche chiamato pino di Engadina, pino di Scozia, pino svedese: ha un areale vastissimo. È però anche tipico delle brughiere lombarde: nel parco del Ticino ci sono boschi estesi di pino silvestre con la betulla: un relitto glaciale dell’ultima glaciazione, e confesso che è anche la mia pianta preferita. Ce l’abbiamo anche ai Giardini Estensi.

Alto, con la corteccia arancione, è uno degli alberi in assoluto più resistenti: una pianta frugale, colonizzatrice, pioniera». E se il “poeta delle stelle”, si sussurra, inizialmente aveva meditato di far portare in luogo più consono il pino della Canziani, dove adesso ha casa lo scoiattolo rosso, e poi fortunatamente, in uno dei suoi sprazzi d’ingegno si ravvide, forse c’è da auspicare che quella scuola, che a settembre per delibera non aprirà più le sue porte alle sei classi trasferite d’ufficio alla “Don Bosco”, abbia gli astri in ogni caso a sé favorevoli. Seguirà invece gli alunni nel nuovo cammino nella scuola di via Busca il melograno donato dalla quinta alla maestra Loredana Pinzetta, la coordinatrice di plesso, e piantato l’ultimo giorno di scuola nel bell’orticello a fianco alla scuola. Melograno che negli ultimi tempi è fra gli alberi più gettonati dalle scuole, non autoctono ma di sicuro tipico delle nostre contrade e dei nostri giardini: a simboleggiare, con i frutti carichi nell’autunno che avvia all’anno scolastico, un nuovo, fecondo e sereno inizio.