Nuovo ricorso al tribunale del Riesame per la scarcerazione di Stefano Binda

I difensori del quarantanovenne di Brebbia accusato di omicidio hanno impugnato il rigetto del gip di Varese Anna Giorgetti

Nuovo ricorso al tribunale del Riesame per Stefano Binda: i giudici milanesi ancora una volta si sono riservati. L’udienza terminata alle 12 di ieri ha visto i difensori del quarantanovenne di Brebbia, ex compagno di liceo di Lidia Macchi arrestato lo scorso 15 gennaio con l’accusa di aver ucciso la giovane studentessa varesina 29 anni fa, impugnare il rigetto del gip di Varese Anna Giorgetti di scarcerare Binda o in subordine di concedergli gli arresti domiciliari. Sergio Martelli codifensore con Roberto Pasella di Binda ai giudici ha parlato chiaro: «Io sono sereno perché siete voi ad avere la responsabilità della carcerazione del mio assistito».

Il gip varesino aveva ribadito quanto asserito tra le pagine dell’ordinanza di custodia cautelare che aveva portato Binda in carcere a gennaio che per il quarantanovenne insisterebbe sia il pericolo di fuga, anche se i difensori hanno più volte sottolineato come in 29 anni Binda non abbia mai lasciato Brebbia (nemmeno dopo aver saputo di essere indagato pur trovandosi a piede libero all’epoca), il pericolo di reiterazione del reato e in particolare quello dell’inquinamento delle prove.

Secondo il gip Binda avrebbe la capacità di intimorire i testimoni. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere sinora ha retto sia davanti al Riesame che davanti alla Cassazione. Durante l’udienza di ieri, alla quale Binda non era presente, i difensori hanno tra l’altro sottolineato che il sostituto procuratore generale Carmen Manfredda, che ha coordinato l’inchiesta condotta da agenti scelti della squadra mobile di Varese, ha depositato dieci giorni fa l’avviso di conclusione delle indagini. Il pg Manfredda si starebbe dunque preparando a chiedere il rinvio a giudizio di Binda. L’inchiesta, però, è stata chiusa. Dunque il pericolo di inquinamento delle prove, quanto meno, non dovrebbe più sussistere. I giudici si sono comunque riservati. Manfredda ha chiuso le indagini prima che venissero depositati i risultati delle analisi scientifiche condotte sulle spoglie di Lidia riesumata alcuni mesi fa. Il fatto ha infastidito i familiari della giovane che si sono detti disposti alla riesumazione per avere verità su Lidia accettando una pratica estremamente dolorosa per loro. I difensori di Binda sono anche in attesa dei referti medici relativi allo stato di salute di Binda stesso. Il quarantanovenne ha perso 27 chilogrammi in 10 mesi; cioè dall’inizio del periodo di detenzione. «Abbiamo voluto che venisse sottoposto ad esami e controlli per verificare il suo stato di salute», sottolinea Martelli. Esami che potrebbero però anche rivelare l’incompatibilità di Binda con il carcere proprio in virtù del suo stato di salute. La situazione per ora resta in sospeso: Binda ad oggi è ancora detenuto. I difensori, intanto, dopo la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini stanno valutando la strategia da adottare. Manfredda certamente chiederà il rinvio a giudizio per il brebbiese. L’udienza preliminare si svolgerà a Varese. E sempre a Varese, qualora il gup decidesse di rinviare il quarantanovenne a giudizio, sarà celebrata anche la Corte d’Assise.