«Passione e scaramanzia. Ciò che conta è poterci essere»

Per Andrea Marelli il Varese è un amore da raccontare. E vivere

Voce e penna, per diletto e per amore dei colori più belli che si possano vedere solcare un campo da calcio. Memoria e fiducia, ricordando ciò che è stato e sognando ciò che sarà. Cuore e scaramanzia, tratti distintivi di ogni tifoso biancorosso. Tra i distinti o in trasferta, davanti al microfono radiofonico o sulle colonne degli amici di Eccellenza Biancorossa, Andrea Marelli è passione e gioia nel seguire, discutere e raccontare il Varese.

Amo il Varese e le radiocronache: quindi sì, passioni che si uniscono. Lo faccio volentieri e, sia chiaro, sempre nelle vesti del tifoso. Quest’anno sono tornato tra i distinti insieme al mio amico Franco. In tribuna? Ci sono stato con il Chieri: potete immaginare perché non ci tornerò.

Una volta Giorgio Scapini mi ha detto: “Come diceva Nereo Rocco: non ci credo, ma mi tocco”. Diciamo che mi piace “confermare” abbigliamento e posto a sedere. E ho un… segno di riconoscimento: alla partita indosso sempre un cappellino di Vasco.

Da tanto tempo. E con la scalata di Sannino sono tornato a vederlo tutte le domeniche, o quasi. Cosa bisogna imparare da quel Varese per riprovarci? Direi la fiducia in uno zoccolo duro di giocatori. Il calcio è gruppo.

Sannino ha fatto la storia, Baiano la sta cominciando: spero che abbia rubato qualche segreto…

Scelgo nella storia recente. Modulo 4-4-2. In porta Perucchini: nelle poche occasioni avute ha fatto grandi cose. Sugli esterni, sangue del nostro sangue: Pisano e Lazaar. Al centro della difesa Terlizzi, enorme, e Claiton Dos Santos, uno che gioca in serie A. A centrocampo metto Zecchin, che amavo, e Carrozza sull’altro lato. In mezzo guai a dimenticare Buzzegoli: ci ha portato in serie B e per questo possiamo perdonargli il trasferimento a Novara. Insieme a lui il mio amico Franco mi suggerisce Kurtic: uno dei più forti centrocampisti visti qui. In attacco? Facile, Pavoletti e Neto, a cui va anche la fascia di capitano: un giocatore di quella classe sarà sempre nel nostro cuore.

Il 2-0 di Varese-Casale. “Ecco Scapini, in pressione a centrocampo. Scapini ruba palla e lancia Giovio. Giovio vola in contropiede, punta l’avversario: lo guardo, lo tiro, lo guardo, lo tiro… Giovio la sposta, siluro sul palo lungo… Gol! Siluro di Marco Giovio! Che gol! Che gol di Giovio!”.

Vivo di sensazioni e l’ultimo anno in B si respirava aria cattiva. Tutt’altra quella di Varese-Tradate, prima partita della rinascita: eravamo tutti insieme in tribuna, piena, per una partita di Coppa Italia Eccellenza. E da allora le sensazioni sono sempre state positive. Ciò che conta ora, come dice il dg Basile, è ripartire dalla base, dai ragazzi, costruendo una società sana, solida. Ovunque giochi il Varese, ci sarò: l’importante è poterci essere.

Da combattimento. Con la grinta di Carate. Ogni partita è una battaglia: se scendi in campo agguerrito metà del lavoro è fatto.

Eh no, questa no! Mi avvalgo della facoltà di non rispondere: scaramanzia biancorossa…