«Paura dell’Isis anche da un caso isolato»

Antonio Terlizzi, manager varesino, racconta i momenti di ansia durante gli spari. La sua famiglia era in città, dove lui risiede ormai stabilmente: «Non trapelava nessuna informazione»

«La prima cosa a cui tutti abbiamo, ovviamente, pensato è che si trattasse di un attentato da parte dell’Isis». Queste le parole di , manager varesino che da tempo risiede a Monaco di Baviera con la famiglia per ragioni di lavoro. Il signor Terlizzi e la sua famiglia in realtà stanno trascorrendo alcuni giorni di vacanza in Italia, ma amici e genitori hanno vissuto “sul campo” quelle ore di terrore.

Ieri è toccato all’Olympia-Einkaufszentrum, dove si è consumata l’ennesima strage che ha lasciato a terra almeno 10 vittime. Prima era toccato alla stazione della metropolitana di Maaelbeek o al lungomare di Nizza, prima ancora alla sede di Charlie Hebdo o al Bataclan. «Non appena abbiamo appreso la notizia – racconta -, mi sono personalmente attaccato al telefono per mettermi in contatto con colleghi e famigliari. Dalla stampa tedesca non trapelavano informazioni: la politica, in queste situazioni,

è di agevolare il più possibile il lavoro di intelligence evitando fuori uscite di notizie che potrebbero aiutare i possibili attentatori». Anche a Monaco, così come nel resto dell’Europa, l’Isis ha vinto sul terreno della paura. «Tutti, amici e colleghi, erano convinti che l’Isis avesse colpito anche la nostra città, da sempre ritenuta un pò una “zona franca”. A Monaco, così come a Berlino, i musulmani sono molto integrati: soprattutto la componente turca. Il problema, forse, sono le nuove generazioni, più occidentalizzate ma che non si riesce a comprendere come la pensino».

Il giovane Ali Sonboly, artefice della strage di Monaco, soffriva di problemi mentali. Si É trattato del gesto di un depresso, senza alcun legame apparente con l’Isis. Ma il suo attacco ha gettato tutta l’Europa nella paura di un nuovo attentato islamico, dopo quelli in Francia e Belgio. Il governo tedesco è da tempo che teme di entrare nel mirino degli estremisti. Dopo l’attentato di Parigi, il ministro degli Interni Thomas de Maizière aveva rinnovato il mantra fatalista che da tempo andava ripetendo: «Al momento non ci sono segnali concreti di attacchi imminenti in Germania, la situazione è molto seria e offre motivi di preoccupazione, ma non di panico».

Più facile a dirsi che a farsi, a poco più di una settimana dalla strage di Nizza. «La figlia tredicenne di un mio collega era in giro per il centro di Monaco quando è arrivata la notizia di ciò che stava accadendo nello shopping center Olympia. I suoi genitori non sono riusciti subito a parlare con lei. Dopo circa un’oretta, l’hanno sentita telefonicamente. La ragazzina è rimasta bloccata in centro, a causa del fatto che tutti i mezzi di trasporto pubblico erano stati sospesi, fino alle 22:30 di sera, quando ancora non si aveva la certezza che si potesse escludere l’ipotesi di un attentato terroristico».

Ogni luogo è un potenziale teatro per nuovi attacchi, che si tratti di snodi infrastrutturali, mezzi di trasporto, piazze o momenti di festa. «Non si tratta di allarmismo – continua Terlizzi – A uscirne vincitore è ancora una volta lo Stato Islamico, poiché il suo messaggio di paura si diffonde anche attraverso l’azione di un uomo qualunque in un giorno qualsiasi». Così, ieri Monaco ha provato a tornare alla normalità. «So che il governatore della Baviera, Horst Seehofer, ha ordinato di tenere le bandiere a mezz’asta nel Land e nei pressi del centro commerciale oggetto dell’attacco alcuni cittadini hanno cominciato a deporre fiori e accendere candele in memoria delle vittime. La metropolitana e il resto dei trasporti pubblici hanno ripreso a funzionare normalmente dopo lo stop totale».