Primavera all’ombra di rose bianche

Una mattinata speciale ai giardini di Villa Mirabello per l’inaugurazione della panchina per Liala

È stata un’incantevole mattinata quella che ha accolto Primavera Cambiasi, la sua governante Tilla – stessa età di Serenella, mancata nel 2015 – e la fida Concin nei giardini di Villa Mirabello, nell’abbraccio del sole e delle lettrici di Liala. Pri Pri, come la chiamava la mamma, 93 primavere portate con la freschezza e la spavalderia che erano le cifre della scrittrice dell’amore, emozionata come una bambina, bionda e sorridente per la felicità, abbracciando, baciando e stringendo mani, si è seduta sulla panchina fra le rose fresche di scavo ai piedi del cedro del Libano, dedicata alla madre nella ricorrenza dei 120 anni dalla nascita; e, guardando un po’ il cielo, un po’ sorridendo ai fotografi, mi ha confidato a voce bassa: a mamma sarebbe piaciuto davvero tanto, tutto questo.

Una donna gentile, simpatica e colta: abbiamo con noi il 50% di Liala, mi è scappato di dire mentre lei ringraziava ed annuiva con un velo di malinconia; e mi riferivo al fatto che Primavera era, della mamma, l’alter ego scrittorio, colei che pazientemente la seguiva in tutte le sue manifestazioni, che aspettava le bozze da correggere a mezzanotte per mandarle in casa editrice al fattorino la mattina seguente, che tagliava, cuciva, emendava le cartelle e,

a volte, suggeriva anche la materia: come per Diario Vagabondo, quando Liala finse di essere stata a Vienna con Lucia Zamberletti alla ricerca della ricetta della Sachertorte mentre in realtà c’era stata lei, Primavera. E mentre Daniele Zanzi spiegava di come aveva scelto quelle rose cercando una varietà che fosse rampicante ma anche rifiorente – la rosa Iceberg, candida e leggermente profumata verso sera – per regalare un fresco riparo agli innamorati, alle lettrici della penna cara al Vate ma anche alle confidenze fra amici, Primavera si godeva il suo momento di gloria: lei che, da sempre, porta un nome che non le piace, scelto dalla mamma per avere un’eterna primavera con sé, sottraendola persino alla felicità con l’eterno amore, Guido.

Su quella panchina verrà messa una targa a ricordo della scrittrice che amava le rose bianche. Un amore più devoto di quello di una figlia che vive abnegata nel mito della madre, per la quale è stata molto più di una semplice segretaria, di un editor credo davvero che non possa esistere. Una figlia che in realtà ha fatto da madre alla propria madre, e che l’ha aiutata a liberarsi dell’incubo della disperazione e del tarlo dell’insolenza, nato simbolicamente da uno sbattere notturno di persiane nella prima gioventù, è un personaggio che forse, Liala, non ha mai scritto: ma è quello che le è riuscito davvero meglio.

Perciò, accanto agli archivi di Villa Mirabello, da oggi un roseto e una panchina ricorderanno anche lei, l’angelo custode che offrì in dono le sue ali a Liala.