Questuanti in pieno centro a Varese. Si tratta di finti profughi?

A Varese si registra un aumento di chi chiede l’elemosina. Potrebbe essere migranti economici

C’è più di un motivo per ritenere che i ragazzi africani che chiedono l’elemosina in centro Varese siano migranti economici. Ovvero “profughi” a cui è stata negata la protezione umanitaria perché non provengono da Paesi in guerra, o da dittature che li perseguitano. Questa è una delle conclusioni a cui probabilmente arriverà la Commissione consiliare servizi sociali, che si riunirà questa sera, alle 19, in sala Montoli (Palazzo comunale, via Sacco). Per relazionare sulla propria attività sono state invitate dall’assessore Roberto Molinari le realtà che si occupano di accoglienza, come Colce; Ballafon; Fondazione Arca; Intrecci e San Luigi (che fanno entrambe capo alla Caritas).

Nelle scorse settimane, riscontrando un aumento di questuanti giovani e provenienti dall’Africa, nel dubbio che fossero profughi seguiti dai Cas (centri di accoglienza straordinaria), il consigliere comunale della Lega Nord Marco Pinti ha depositato una istanza per ottenere maggiori informazioni dall’amministrazione comunale sul numero e sulla mappatura delle strutture e degli enti gestori dei richiedenti asilo politico a Varese.

«Sulla base della nostra esperienza, riteniamo che i ragazzi che chiedono l’elemosina possano essere coloro che non hanno ottenuto la protezione umanitaria – afferma Roberta Bettoni, responsabile della sede di Varese della Colce, cooperativa che ha in gestione 18 Cas nella provincia di Varese – I migranti, una volta identificati in Italia, hanno diritto di stare nei Cas fino all’audizione in commissione e poi fino al ricorso, per un periodo che approssimativamente dura un anno. Scaduto il tempo, se la protezione viene negata, finiscono sul territorio». «Nella maggior parte dei casi, inoltre, si tratta di persone che avrebbero voluto andare in Nord Europa e che, essendo state identificate per la prima volta in Italia, per l’accordo di Dublino siglato dal Governo Berlusconi, vengono rimandati in Italia qualora vengano trovate in altri Paesi dell’Europa».

Secondo Bettoni, i richiedenti asilo che stanno nei Cas non hanno bisogno di chiedere l’elemosina in quanto non hanno spese (vitto e alloggio sono pagati), vengono impegnati in attività scolastiche e di volontariato, e ricevono un contributo quotidiano di 2.50 euro con il quale possono far fronte ad esigenze personali. Inoltre, i Cas sono molto controllati e seguiti dalle realtà che si occupano di accoglienza.

Quando i richiedenti asilo ottengono lo status di rifugiato politico vengono presi in carico negli Sprar dove iniziano un percorso di inclusione sociale, teso anche a trovare un impiego lavorativo. Lo status di rifugiato equivale, infatti, a un permesso di soggiorno a tempo indeterminato ed è la premessa per iniziare una vita in un altro Paese. La protezione umanitaria può essere concessa anche alle donne (per esempio nigeriane) qualora siano vittime di tratta. Come risolvere, però, il problema dei migranti economici, clandestini a tutti gli effetti, che rimangono sul territorio senza ricevere più contributi dallo Stato e senza avere una fonte di sostentamento? «Questa è una questione che deve risolvere lo Stato centrale, non certo l’amministrazione comunale e neppure le cooperative che si occupano di accoglienza» conclude Bettoni.