Salvini resta alla guida della Lega Nord. Ma ci sono ancora idee per cui combattere?

Il commento di Marco Tavazzi

Il risultato di una vittoria di Matteo Salvini era abbastanza scontato. Diciamoci pure la verità.

Il problem è che oggi la sfida per la Lega va oltre la scelta del leader. Sono i contenuti, gli ideali che devono essere ben inquadrati. O meglio: devono essere scelti. Perché se Salvini ha sicuramente un merito, quello di avere raccolto un partito morente e averlo non solo tenuto in vita, ma averlo saputo far crescere, ha tuttavia innestato elementi ideologici e populistici tipici di una destra nazionalista che con la Lega delle origini c’entra ben poco.

Anche se attingere qua e là non è mai stato un tabù. La Lega, fin dai suoi esordi, è sempre stata capace di modificarsi, di trasformarsi, di adattarsi alle esigenze e ai mutati contesti sociali e territoriali.

È sempre stata un partito fluido, da questo punto di vista. Il modo in cui è stato trattato uno studioso del calibro di Gianfranco Miglio, l’aver tenuto bene o male quasi sempre ai margini un altro grande studioso, come Gilberto Oneto, sono fatti che parlano da soli. Avere uomini di cultura, fari intellettuali per la crescita politica dei militanti, avrebbe significato creare una forte identità per il partito. Un partito fortemente identitario non sarebbe più stato abbastanza fluido da adattarsi alle giravolte di palazzo, alle alleanze prima rotte poi riallacciate che hanno segnato l’esistenza della Lega in tutti questi decenni.

L’unica differenza, tra ieri e oggi, è che tutto sommato Umberto Bossi ha saputo guidare il movimento con un carisma che nessun altro leader sembra possedere.

Con Bossi, per citare l’espressione di un amico, la Lega era una “caserma prussiana”. Compatta, pronta a marciare. Anche allora probabilmente non aveva idee monolitiche, ma perlomeno aveva la forma, la sembianza. Forse la Lega non è mai stata un partito veramente indipendentista, a malapena lo è stato autonomista. Non si è mai capito, e forse mai si capirà, se per opportunismo o per l’effettiva incapacità della sua classe dirigente di portare avanti fino in fondo gli obiettivi che si era prefissata.

L’articolo 1 dello Statuto parla ancora di indipendenza della Padania. Ma la parola Padania, che vent’anni fa rappresentava per il popolo leghista un sogno, oggi appare un’idea sempre più sbiadita. Bossi aveva creato un mito. Questo mito, dal 2012 in avanti, è stato demolito. La candidatura di Gianni Fava è servita a non far fuggire la frangia indipendentista e autonomista dal partito. Ma è solo un palliativo. Perché il problema è un altro. Che cos’è la Lega? Vent’anni fa i militanti vi avrebbero risposto facendo trasudare passione dalle loro parole. Oggi risponderebbero con difficoltà.