Stavolta, odiatori del web, vergognatevi. Perché il piano sosta qui non c’entra nulla

Il commento del direttore Francesco Caielli

Abbiamo imparato a lasciar fare. A leggere gli insulti vomitati su Facebook con il distacco che serve per non rovinarsi il fegato. A sopportare la mancanza di rispetto, l’ignoranza, la supponenza di chi critica un articolo leggendo solo il titolo. A convivere con la maleducazione e la pavidità. Stavolta, però, no. Perché sono stati tanti, troppi quelli che sulla nostra pagina Facebook hanno sfruttato la morte di Daria per fare polemica e per sparare nel mucchio. Sono stati tanti, troppi quelli che hanno scritto (no, non li troverete quei commenti: li abbiamo prontamente bloccati e rimossi) che Daria è morta per colpa del piano sosta di Galimberti. Che Daria è stata costretta a tornare a casa a piedi perché attorno all’ospedale non ci sono più parcheggi, e che per questo ha dovuto attraversare quella strada al buio. Che se non ci fosse stata questa amministrazione, Daria sarebbe ancora viva.

Signori, capiamoci. Qui a bottega siamo i primi a essere critici con giunta e sindaco: quando c’è da tirare qualche legnata lo facciamo, quando c’è da attaccare non ci tiriamo indietro. Perché è il nostro lavoro, diavolo. Ma il nostro lavoro è anche (anzi, no: soprattutto) dire la verità ed evitare di cadere nella tentazione di cavalcare l’odio. Quindi, cari odiatori del web, stavolta non passa. Daria è morta per una tragica fatalità, per un attimo sbagliato, per un destino infame, per una strada pericolosa. Daria è morta perché gli incidenti succedono, succedono: chi l’ha investita non era ubriaco e non si era drogato, si è fermato immediatamente per provare a soccorrerla e sarebbe potuto essere uno chiunque di noi.

Daria è morta per un incidente maledetto e la sua morte sta portando dolore e vuoto in chi l’amava, in chi le voleva bene. E voi che vi siete permessi di utilizzare questo dolore per placare la vostra sete di volgare polemica, vergognatevi. Vergognatevi davvero.