Storie di vita e di amore. Adesso Andrea insegue il futuro

Piccoli e grandi guerrieri - Quattro testimonianze di forza, coraggio, solidarietà e sorrisi stupendi

Ci sono storie che lasciano il segno perché sprigionano la forza che caratterizza i loro protagonisti. Storie di angeli che indossano camici bianchi, di fate che animano la quotidianità di chi è costretto a vivere all’inferno, quando dovrebbe solo giocare e sognare, storie di piccoli e grandi guerrieri. Ma come si sa, il diavolo è viscido, codardo e meschino per questo ha il coraggio di aggredire un bambino.
Però in quest’inferno con grande stupore, c’è

chi lo combatte con gesti d’amore. Come dimostrano le storie che abbiamo voluto raccontare in questa pagina.
La prima è quella di , , : una famiglia, fino a qualche anno fa, come tutte le altre. Alle prese con gli aspetti quotidiani della vita, l’asilo, il lavoro, una casa da gestire, gli amici e i parenti. Poi, il diavolo decide di lasciare il suo segno. Andrea, all’età di 6 anni e mezzo, inizia a perdere vivacità e a manifestare una certa febbriciattola. Così, i genitori lo portano all’Ospedale del Ponte. «Dopo una prima visita, prelievi, attese e poi ancora accertamenti ed esami, Andrea viene ricoverato – raccontano mamma Alessandra e papà Orazio – Non ci rendiamo conto di ciò che sta succedendo. Ci chiediamo perché siamo in quella camera tutta decorata di bellissime stampe che rappresentano scene di vita quotidiana di scoiattoli e topini. Non possiamo immaginare che ci avremmo passato molte notti».
Il Prof. Luigi Nespoli, ora in pensione, con grande calma e chiarezza spiega ai genitori cosa succede ad Andrea: leucemia. Una famiglia normale, presa da mille cose, problemi, progetti, aspettative, a un certo punto catapultata in una realtà inimmaginabile, surreale. «Può capitare di tutto nella vita, ma quando succede qualcosa ai propri figli, accade che dentro di sè avviene la devastazione, lo strazio».
Per Andrea ha inizio un percorso di terapia lungo e faticoso, la maggior parte del quale passato in ospedale. Ma lui non si lamenta mai, non si lascia abbattere dai dolori e dai sintomi della chemio. «E qui abbiamo imparato la straordinarietà e l’umanità di medici e infermieri che curano il nostro bambino.
Una domenica pomeriggio, durante la sua degenza in Pediatria al Ponte di Varese, un’animatrice della sala giochi coinvolge Andrea nel gioco del dottore, con strumenti veri, aghi compresi ed il camice bianco.
Da allora si è appassionato talmente tanto a questo gioco terapeutico, che ormai tutti lo chiamano dottor Andrea e oggi, ha un’attrezzatura a casa che fa invidia ad una sala ospedaliera. La forza di questo stratagemma utilizzato dalla volontaria dell’associazione Il Ponte del Sorriso, sta nell’aver, grazie a questo gioco, esorcizzato tutto quello che ha dovuto subire in questi mesi di terapia. «Non dimenticheremo mai il primo incontro con Claudiona che con i suoi lavori di carta e il suo magnetismo ha affascinato Andrea».
Anche per i genitori, che a loro volta combattono quotidianamente contro i peggiori demoni, il supporto dei volontari è fondamentale. «Abbiamo passato momenti veramente duri, soprattutto durante i lunghi ricoveri in cui Andrea non poteva uscire dalla camera per il pericolo di contrarre infezioni, in cui le giornate non avevano colore, l’unico appiglio era la presenza di qualche volontario del Ponte del Sorriso. Alcune mattine al richiamo ad alzarsi per andare in ospedale a fare le terapie, Andrea è spronato solo dal pensiero di trovare Claudia, Elena, Renata e tutti gli altri, pronti a fargli fare qualcosa di interessante». Oggi Andrea sta bene.

– Adesso Andrea insegue il futuro

– «Oggi quei volontari sono la nostra famiglia»



– «Il sorriso è la prima medicina per guarire»



– «Ho scoperto una forza che non conoscevo»