Tre giorni a Strasburgo. Dove batte il cuore europeo

La nostra Annalisa Colombo è stata invitata al Parlamento Europeo: ecco la sua esperienza

Tre giorni al Parlamento Europeo con la possibilità di scrutare, con gli occhi da giornalista, quello che accade a Strasburgo quando, durante le sessioni plenarie, si riuniscono gli europarlamentari per decidere sul futuro degli Stati membri dell’Unione Europea. Nell’emiciclo è un susseguirsi di relazioni, dibattiti e votazioni mentre nelle altre sale si riuniscono le commissioni.

E, capita anche di assistere ad un momento dal valore altamente simbolico, un gesto che può anzi deve diventare un monito per chi crede ancora nella giustizia, nella libertà di stampa e di informazione: l’intitolazione della sala stampa ad una mamma, una donna, una moglie ed una giornalista. Questo era . Una giornalista che fino all’ultimo non ha smesso di credere nella forza e nell’importanza del suo lavoro ed ha lottato per quello in cui credeva,

la libertà d’informazione. Ha portato avanti la sua lotta contro criminalità organizzata, contro gli evasori fiscali ed al riciclaggio di denaro sporco, anche se questo significava attaccare nomi influenti della politica maltese e non solo. Purtroppo, bisogna usare il verbo al tempo passato perchè il 16 ottobre del 2017, un’autobomba l’ha uccisa. Un assassinio che non è rimasto inosservato e sotto silenzio, almeno al di fuori dei confini di Malta, e che è arrivato fino a Strasburgo. Infatti, durante la sessione plenaria appena conclusa, il Parlamento Europeo ha deciso di intitolare la sala stampa di Strasburgo a Daphne Caruana Galizia. Prima della cerimonia ufficiale, nell’emiciclo si è svolto un acceso dibattito sullo stato di diritto a Malta. Già perchè, a un mese dalla sua morte ancora non si conoscono né le reali motivazioni né i nomi degli assassini e di chi ha commissionato questo orribile gesto. «L’uccisione di Dafne deve rappresentare un punto di svolta non è assolutamente sufficiente l’indignazione che tutti hanno espresso tramite i media ed alla famiglia. Dobbiamo ricercare la verità ed il primo responsabile in questa ricerca deve essere il governo di
(Primo ministro di Malta)» ha detto l’europarlamentare e vice presidente del Partito Popolare Europeo, la varesina .«Il Parlamento Europeo, che ricordo essere la più grande istituzione al mondo votata democraticamente, ha il compito di trovare insieme a Malta la verità e di non lasciare da solo nella ricerca questo paese dell’Unione Europea». Una battaglia che per l’onorevole Comi «dovrà diventare la battaglia di tutti gli europei nel rispetto della tolleranza, al fianco di Daphne dovranno esserci tutti quei cittadini che credono in questa unione».

E a sottolineare la vicinanza alla rappresentate di Malta, tutti membri del PPE si sono seduti al suo fianco: «Vorrei ricevere risposta concreta: Daphne ha ricevuto minacce, ha denunciato ma nessuno ha fatto niente. Perchè nessuno si è mosso?». Una domanda che sottolinea ancora di più la necessità di fare chiarezza sullo stato di diritto a Malta: «Io ho delle grandi perplessità, soprattutto da italiana nel momento in cui mi trovo di fronte ad uno stato che permette di vendere la propria cittadinanza, i propri valori e la propria dignità per qualche euro».

Ed anche il Presidente del Parlamento Europeo ha usato parole forti «Vogliamo sapere non solo chi è l’assassino ma anche il padre e la madre dell’assassino o degli assassini. Questo per il Parlamento europeo è un punto fondamentale e lavoreremo per questo non solo oggi ma anche domani e dopodomani». È chiara la voglia di non far calare un velo di silenzio sulla vicenda «Dobbiamo fare in modo che questo sacrificio non sia stato vano – precisa Tajani – Continueremo a ricercare la verità e a sostenere la necessità di istituire un’inchiesta internazionale perché non sappiamo dove arrivano i confini di questa tragedia. Per questo abbiamo il dovere di chiedere a Europol e alle polizie, anche di tutto il mondo, di collaborare e di dare notizie su quanto accaduto».

Il pubblico della sala stampa era quello delle grandi occasioni, tra i presenti anche il marito ed i tre figli della giornalista scomparsa. Ed è proprio il marito, con voce roca, a raccontare un lato della vicenda del tutto privata «Daphne è stata uccisa a pochi metri dalla casa dove abbiamo cresciuto i nostri figli. Era una donna straordinaria, stava facendo un lavoro straordinario e le hanno chiuso la bocca per sempre». Ma non è tutto: «I suoi beni risultano ancora bloccati e sono stati avviati 47 procedimenti giudiziari contro di lei e uno dei miei figli è stato denunciato dal primo ministro» afferma il marito che non ha remore a parlare di «eliminazione fisica di una voce libera». Una voce che non cesserà di creare un eco perchè «Daphne vive nei nostri tre figli, nell’indignazione di tanta gente, nel lavoro coraggioso di altri giornalisti. Daphne continua a vivere». Parole che hanno commosso i presenti che hanno voluto sottolineare la loro vicinanza con un applauso durato cinque minuti.