Un altro papà orco. Anni di abusi sulla figlia minorenne

L’uomo, 46 anni, di nazionalità albanese, è stato condannato a tre anni e sei mesi di carcere

Quattro anni di abusi sulla figlia minorenne: condannato a tre anni e sei mesi di carcere il padre “orco”. L’uomo, secondo quanto ricostruito durante il processo, controllava settimanalmente l’illibatezza della figlia palpeggiandola. La giovane vittima ha taciuto per anni per paura sia del padre che degli altri familiari. Temeva che si vendicassero su di lei se avesse mosso delle accuse. E così è rimasta in silenzio per quattro anni: dai 12 ai 16 anni.

Tre anni fa (la vittima oggi ha 19 anni) ha raccolto tutto il suo coraggio e si è confidata con un’amica. Una coetanea, che dopo l’ennesimo litigio con la sorella maggiore s’era sfogata con la ragazzina esasperata dai continui litigi. La sedicenne a quel punto s’era fidata: «mi hai raccontato qualcosa di te. Qualcosa di personale, qualcosa che ti fa soffrire. Voglio dirti anch’io cosa mi fa stare male». E aveva raccontato di quel padre che da quattro lunghissimi anni abusava di lei. La toccava, la palpeggiava, si faceva toccare da lei.

L’uomo, 46 anni, albanese, non ha mai avuto rapporti completi con la figlia, ossessionato com’era che la ragazzina fosse vergine. Sino ad arrivare, appunto, a controllare che la giovane restasse illibata. Nella sua visione distorta, come ha sottolineato il pubblico ministero Annalisa Palomba che ha chiesto una condanna a otto anni per l’uomo, il fatto di non avere rapporti completi con la ragazzina lo rendeva incolpevole di tutto il resto.

La giovane avrebbe dovuto rimanere vergine e tutto sarebbe andato bene. Come se quattro anni di abusi non costituissero un trauma devastante soltanto perché il padre non ha portato a compimento l’atto sessuale. Dopo aver parlato con l’amica, la vittima ha confessato tutto a un’educatrice. È stata proprio l’amica a convincerla: loro due da sole, due ragazzine, non avrebbero potuto fare nulla. E così si sono rivolte a un’insegnate che ha fatto partire le indagini.

L’inchiesta ha trovato riscontri nelle parole della giovane vittima, affidata a una comunità dopo la confessione di quanto il padre la costringeva a subire, e per il padre è arrivata la condanna in primo grado.

A impressionare, stando a quanto emerso durante il processo, è l’assoluta solitudine familiare che la giovane vittima si è trovata a dover fronteggiare. Il padre abusava di lei e la minacciava di farle del male qualora lei avesse raccontato qualcosa a qualcuno. Ma non era solo il padre padrone a intimorire la ragazzina: tutto l’ambito familiare la terrorizzava. Un quadro entro cui la donna era ben poco valutata: il suo ruolo era ubbidire a un marito o al padre. Senza fiatare. Denunciare l’orco avrebbe significato fare uno sgarro a tutta la famiglia. Tanto da far credere alla giovane di dover temere vendette anche qualora il padre fosse finito in carcere.

Un altro familiare, sempre un uomo, avrebbe potuto raggiungerla e fargliela pagare.