Un dolore che si porta dietro mille insegnamenti. E il sorriso di chi guarda avanti a testa alta

L’editoriale della vicedirettrice Federica Artina

La pagina bianca davanti, la più vuota di sempre, quella impossibile da riempire. Metticeli tu dodici anni di singoli giorni stravissuti in poche righe. “E’ il tuo mestiere”, no?

Già. Il mio mestiere. La mia vita. Esattamente un terzo della mia vita, passato davanti a questo schermo, con questa pagina bianca davanti, a rincorrere verità, storie, emozioni, voglia di comunicare e voglia di farlo nel modo più completo, sincero ed onesto possibile. Una vita fatta di bisogno di far qualcosa e di farlo bene, non di necessità di inondarsi di incenso o vanagloria. Essere giornalisti, e non “fare” i giornalisti.

Ecco perché oggi salutare fa così male. Perché si sente di stare togliendo qualcosa agli altri, prima che di rinunciare a qualcosa noi stessi. Quando passi dodici anni a venire additato come un morto che cammina e intanto non muori mai, alla fine ti convinci di essere un highlander. Poi però quel giorno arriva davvero. E la sberla è ancora più forte.

Spulci per l’ultima volta l’archivio, chiudi lo scatolone, ti capitano tra le mani reperti al limite dello storico, ti si impolverano le dita con quelle pagine ingiallite piene delle storie che hai raccontato, delle voci di persone che poi ti hanno detto grazie, delle battaglie per cui i potenti ti insultavano e la gente ti stringeva la mano.

Ma se c’e una cosa bella nei capitoli che si chiudono è che lasciano sempre grandissimi insegnamenti. Nel bene e soprattutto nel male. Insegnano che le persone alla fine sanno riconoscere le cose fatte col cuore e senza interesse, anche se magari troppo tardi. Però le riconoscono. Perché quelle “cose” non mentono mai. Insegnano che pensare prima a non ferire gli altri e poi a difendere se stessi non paga. O meglio, non ti fa guadagnare niente.

E allora, forse, dopo tutto questo dolore imparerai quanto meno ad arricchirti di pace e ad impoverirti di parole e gesti buttati al vento. Insegnano che se un telefono non suona non devi rimanerci male, ma anzi apprezzare un silenzio autentico piuttosto che un frastuono di falsità. Insegnano che non devi mai avere paura di mostrare chi sei davvero, perché alla lunga è quello che gli altri vogliono vedere. Insegnano che nella vita meriti di tenere con te chi te l’ha stravolta, riempita e impreziosita, e che te lo terrai per sempre e non solo perché adesso é giusto dirsi così. E ti insegnano soprattutto che ora sai vedere ad occhi chiusi chi sono, costoro.

Domani arriverà lo stesso, domani ormai é qua. Questo é il mio saluto. A tutti voi, a tutti noi. Con un sorriso, nonostante tutto più forte del nodo alla gola. Il sorriso di chi si guarda indietro e non cambierebbe una virgola, il sorriso di chi guarda avanti e sa di poterlo fare a testa alta. È stato splendido, è stato splendido…