Un referendum sul Politeama: «Può essere il nuovo teatro»

Il consigliere Gregori chiede di consultare i cittadini sulla ristrutturazione dell’edificio

Mauro Gregori torna alla carica con un nuovo affondo. Il consigliere comunale, recentemente fuoriuscito dalla lista Galimberti, confluito nel gruppo misto con la sigla di “Varese Città Ideale”, ha lanciato ieri un nuovo quesito direttamente dalla sua pagina ufficiale Facebook: “Il teatro a Varese: siamo per un referendum cittadino”.

«Che i cittadini si esprimano» esordisce Gregori. «Rimaniamo dell’idea che 9 milioni di euro per un nuovo teatro a Varese sarebbero letteralmente sprecati. La ristrutturazione del Politeama da cinema a teatro (un progetto in tal senso è già pronto) sarebbe scelta molto più sensata. Senza una mobilitazione da parte dei cittadini il Politeama potrebbe trasformarsi nell’ennesimo centro commerciale e la città rimanere per alcuni anni senza teatro, il tutto senza che i cittadini si possano esprimere: che i varesini dicano la loro».

D’altra parte è giunta da poche ore la conferma ufficiale da parte del Comune che i cittadini saranno invitati ad esprimersi in merito alle proposte artistiche per il telone che coprirà la facciata della ex caserma, realizzate dagli studenti del liceo Artistico “Frattini” di Varese e selezionate ieri in una prima fase dalla giuria tecnica.

«I cittadini devono essere chiamati ad esprimersi su questioni fondamentali» commenta caustico Gregori «com’è il caso della questione del teatro, che mi sembra fondamentale, visto che si parla di 9 milioni di euro che arriveranno dal Patto per la Lombardia. Vogliamo un teatro nuovo di zecca ricostruito sulle ceneri dell’Apollonio di piazza della Repubblica, che in quanto prefabbricato prima o poi sarà da demolire, oppure un’eventuale ristrutturazione del Politeama abbandonato da diversi anni?». Lo storico teatro inaugurato nel 1892 come alternativa al Sociale,

distrutto da un incendio nel 1966, risorse due stagioni dopo come sala cinematografica per rimanere in vita fino al 1° maggio del 2008, giorno in cui venne dato sugli schermi l’ultimo spettacolo: da allora si è molto speso in termini di parole per la sua riqualificazione, ma nulla è stato concretamente fatto. «Eppure la sua ristrutturazione era già nei progetti del consiglio d’amministrazione oggi commissariato della Fondazione Molina, che ne detiene la proprietà. Era stato realizzato un progetto e le ipotesi riguardo agli usi futuri erano svariate, ma tutte prevedevano la fruibilità dello stesso da parte della città: si potrebbe tranquillamente contrattare per un comodato d’uso, cosicché il Comune si dovrebbe sobbarcare giusto i costi di ristrutturazione e i varesini non sarebbero costretti a saltare tre stagioni teatrali aspettando la costruzione del nuovo teatro, perché una volta demolito l’Apollonio, il cantiere come minimo lavorerà due anni e mezzo, e la città rimarrebbe per tutto il tempo senza teatro. A che pro costruirne uno nuovo se abbiamo la fortuna di poterne ristrutturare ed ampliare uno già esistente, centralissimo, servito dai mezzi, vicino ai parcheggi di piazzale Kennedy e delle Corti?». Anche il consiglio d’amministrazione precedente a Campiotti, quello presieduto da Giulio Ermolli, si era già pronunciato favorevolmente alla possibilità di trattative con il Comune per recuperare la struttura di piazza XX Settembre allo scopo di realizzarvi il definitivo Teatro di Varese. «Quanto alla capienza – sottolinea Gregori – sono anni difficili in cui bastano ed avanzano 600/700 posti a sedere, ragion per cui sarebbe davvero uno spreco di risorse pubbliche puntare alla realizzazione di un colosso da 1200 posti solo per fare i megalomani. Il Manzoni a Milano non ha più di 500 posti e propone una stagione teatrale incredibilmente bella. Per i concerti da camera si potrebbe acquisire il Vittoria. Quanto agli eventi di particolare richiamo, o legati alle scolaresche, è sufficiente organizzarsi in due repliche successive e il gioco è fatto. Io chiedo che si possa fare al più presto una consultazione popolare in materia, perché è diritto del cittadino esprimersi di fronte ad una materia così delicata».