Una terra di misteri, che racconta storie e si inchina al vento

L’editoriale del nostro “direttore per un giorno” Davide Van De Sfroos: parole dedicate ai “Pirati de Varées”

Sono venuto qui, a casa dei “Pirati de Varées”, per provare a raccontare le loro storie – le vostre storie – da un punto d’osservazione diverso. Ho posato per un po’ la mia chitarra per prendere in mano la penna, e mi sono seduto alla scrivania del direttore della Provincia di Varese.
“Pirati de Varées” è un’espressione che è nata in una mia canzone, Yanez, e che parla di voi varesini. Pirati, perché siete ovunque: in tutti i posti,

in tutti i concerti in giro per l’Italia, in tutti gli angoli del mondo ho trovato un varesino. Siete ovunque, proprio come i pirati della Malesia: e questa cosa dei “pirati vegnù de Varées” mi è sempre rimasta dentro. E ora i tanti varesini che mi chiedono spiegazioni su quel passo di Yanez, sanno cosa c’è dietro. Siete dappertutto, perché non avete confini: siete dovunque e arrivate da ogni angolo d’Italia e del mondo. E proprio per questo non è affatto vero che siete chiusi, come dice chi non vi conosce.

Parlare del Varesotto per un comasco come me può sembrare difficile, invece no: i confini che riconosco sono solo quelli naturali – i fiumi, i laghi, i mari – e non quelli politici inventati dall’uomo. Se si guardassero le province di Varese e di Como da un aereo, si vedrebbe che tra di loro non ci sono grosse differenze. Con il verde dei boschi, l’azzurro dei laghi, il bianco e il grigio delle montagne. E con le storie raccontate e tramandate dalla gente che le vive, le abita, le ama. Con i loro misteri e i loro fantasmi, con quella paura e quel rispetto ancestrali che si devono sempre al vento e al lago. Il vento, ecco. Sul Lago Maggiore soffia un vento, per fortuna capita raramente, che gli abitanti temono e rispettano: davanti al quale si inchinano, con un timore quasi reverenziale. In un meraviglioso patto non scritto tra uomo e natura che si perpetua da secoli, immutato e sacro. Ecco: se dovessi pensare a una canzone da dedicare a Varese e al suo territorio, mi verrebbe qualcosa di questo tipo. Una ballata che parli dei piccoli grandi misteri, dei piccoli grandi segreti, delle piccole grandi bellezze che stanno nascoste in ogni angolo e tra le vie di ogni paesino.

Perché girando per il Varesotto ho scoperto che le storie più belle sono nascoste proprio dove non te le aspetti: tra le rughe di un vecchio seduto davanti alla porta di casa, nell’apparente abbandono di una villa un tempo sfarzosa che è stata abbandonata e che la natura si è ripresa. Sono lì, che attendono solo di essere tirate fuori e messe in una canzone. E mi piace pensare, con queste parole, di avere in qualche modo stuzzicato la curiosità dei varesini – specie quelli più giovani – che queste storie ancora non le conoscono e che magari cercano lontano la bellezza che hanno qui, dietro casa. Tutto quello che ho imparato in anni passati a girare in macchina per il Varesotto, per raggiungere i teatri più piccoli e sperduti dove tenevo i primi concerti, è che questo è un territorio pieno di fascino e di mistero, nel quale la presenza del lago – anzi, di tanti laghi, ognuno diverso dall’altro – si sente e si avverte in ogni angolo. Ecco perché i varesini sono così, ed ecco perché sono tanto simili a noi comaschi al di là dei campanilismi imposti dalle rivalità sportive. Persone portatrici di storie. “Pirati, vegnù de Varées”.