«Velate significa tornare alle radici»

Padre Alberto Zamberletti, nato nello storico rione varesino, da anni è missionario in Guinea-Bissau

«Velate per me significa tornare alle radici, riprendere fiato, rivedere i parenti e gli amici, entrare in quell’oratorio in qui una volta conoscevo tutti e in cui ancora adesso trovo giovani che vogliono incontrarmi. A Velate mi sento sostenuto nel mio lavoro». Così padre Alberto Zamberletti, il missionario che opera in Guinea-Bissau dall’ottobre del 1974 e a cui saranno devoluti i ricavi della festa in programma a Velate questo fine settimana.

Nato a Velate l’11 marzo del 1948, padre Zamberletti ha studiato a Venegono e poi al Pime. Ad eccezione di una parentesi romana durata dal 2007 al 2013, il missionario è sempre stato in Guinea-Bissau. L’avventura in quella terra martoriata è iniziata con l’obiettivo di creare piccoli laboratori di analisi parassitologica. La passione per la medicina e la voglia di essere più operativo, poi, ha spinto padre Zamberletti a prendere una laurea a Milano. «Ci ho impiegato 10 anni a laurearmi – racconta – Stavo in Guinea e tornavo saltuariamente a Milano per sostenere gli esami. Ho studiato e lavorato anche per 12 ore al giorno, ma non mi pesava».

Al principio padre Zamberletti ha prestato la sua opera in un piccolo ospedale da 10 posti letto. «Ma lì, anche con una buona riserva di farmaci, gli interventi che riuscivamo a fare erano limitati» spiega. Da qui la voglia di mettere in campo qualche cosa di più efficace, come le campagne vaccinali.

Dopo una pausa in cui è stato chiamato a dirigere una radio di ispirazione cattolica, radio che diffonde messaggi di pace e che adesso è gestita da un gruppo di giornalisti, padre Zamberletti è tornato a dedicarsi a progetti di assistenza sanitaria. Si è concentrato su mamme e bambini, i cui drammi esistenziali lo avevano colpito dal primo momento in cui ha messo piede in Guinea-Bissau.

«Abbiamo creato due “case delle mamme” nelle città di Gabù e Bafatà, a pochi passi dalla maternità regionale – dice padre Zamberletti – In questi centri afferiscono le donne che stanno portando avanti gravidanze a rischio e che avrebbero un’alta probabilità di morire dando alla luce da sole il proprio bambino. In queste case le donne trascorrono le ultime settimane di gravidanza ricevendo vitto, alloggio e assistenza sanitaria fino al parto a cui presenzierà un’ostetrica. All’occorrenza viene praticato un cesareo».

Il secondo progetto riguarda l’infanzia. «Dal 1984 abbiamo aperto in Guinea 25 centri di recupero nutrizionale in cui i bimbi denutriti vengono ricoverati per 4-6 settimane. Le mamme di questi bambini vengono educate sulla cura dei propri figli. Proprio grazie a questi centri, il 70 per cento dei bimbi riesce a recuperare la crescita».

«Vivere in Guinea mi ha arricchito molto dal punto di vista umano e culturale – conclude Zamberletti – Lì vive un’umanità ricca anche se povera. La nostra cultura è molto diversa, ma in Guinea si riesce a lavorare insieme alle persone del luogo».