Voleva unirsi a un gruppo terroristico siriano. Il varesino Jrad condannato a tre anni di carcere

Accolta la richiesta del pm. Per il 23enne anche un anno da scontare in una casa di cura e custodia

Il gup di Milano, , ha condannato a tre anni di carcere più un anno di misura di sicurezza con l’assegnazione a una “casa di cura e custodia” da scontare dopo la pena. Il 23enne siriano, residente a Varese, era stato fermato nell’agosto 2016 mentre, secondo l’accusa, stava organizzando un viaggio per raggiungere la Siria e unirsi alle milizie dell’organizzazione terroristica Jabhat Al-Nusra, affiliata ad Al-Qaeda. Anche se le motivazioni del verdetto saranno rese note tra novanta giorni, il giudice ha di fatto accolto la richiesta del pm che nella sua requisitoria aveva chiesto tre anni di reclusione, al netto dello sconto per il rito abbreviato e per la seminfermità mentale stabilita da una perizia.

Jrad era stato fermato nel corso di un’indagine della procura di Genova che coinvolgeva altre persone, tra cui anche il fratello del siriano, tre imam e due cittadini marocchini che frequentavano moschee salafite.

Secondo l’indagine, Jrad era già entrato clandestinamente in Siria nell’estate 2015. Si era poi trasferito a Genova a settembre di quell’anno poiché era stato messo alla porta dai genitori, che vivono a Varese, e che non accettavano il suo percorso di radicalizzazione. Il primo agosto 2016 era stata intercettata una conversazione Skype tra Jrad e una persona non identificata, il cui contenuto, stando agli atti delle indagini, conferma “i contatti diretti” tra il giovane e “i mujaheddin” che voleva raggiungere. «I compagni hanno detto che andremo a fare il jihad e poi si torna alle nostre ricchezze», diceva Jrad al fratello in una conversazione intercettata.

In carcere poi (oggi era collegato in videoconferenza da Melfi) ha iniziato a manifestare segni di squilibrio psichico e una perizia disposta dal gup ha accertato il vizio parziale di mente. Dagli accertamenti sul suo telefono effettuati dopo il fermo, tra l’altro, erano venute a galla una serie di comunicazioni radio che provenivano direttamente dal fronte di guerra ad Aleppo e anche altri documenti ritenuti dagli investigatori “estremamente” significativi: un comunicato ufficiale riconducibile ad Al-Nusra, un file audio contenente un inno al jihad, oltre ad altri numerosi inni dei mujaheddin con l’esaltazione del martirio.

«Ma quale futuro … questo vuole morire … questo sta andando a morire», diceva la madre in una delle tante intercettazioni agli atti dell’inchiesta, mentre il padre, furioso per i suoi comportamenti, gli diceva: «Vai … va a farti esplodere in aria».

L’avvocato difensore aveva chiesto l’assoluzione. I familiari di Jrad avevano immediatamente preso le distanze dal figlio. Molto prima dell’arresto il padre aveva minacciato di ucciderlo e lo aveva più volte picchiato intimandogli di abbandonare le proprie idee estremiste. Lo stesso padre che gli ordinava di trovarsi un lavoro invece di andare tre volte al giorno in moschea a pregare.