«Dopo lo sfratto mi hanno detto che le case sono per gli stranieri»

Malnate - Continua a far discutere il caso della famiglia con due bimbi sfrattata

Famiglia sfrattata: a Malnate tiene banco la vicenda di , il cui nucleo familiare rischia di finire in mezzo a una strada se le istituzioni non intervengono per dare loro una mano. Continua il botta e risposta tra il cittadino malnatese e l’assessore che ha scritto una lunga lettera, dando una sua chiave di lettura rispetto alla vicenda.

«Loro – dice Amoroso – mi avevano già garantito che mi avrebbero aiutato, come ha ribadito l’assessore Cardaci anche sul giornale, ma i servizi sociali si sono tirati indietro dopo che avevo bloccato una casa per affittarla. Quando l’agenzia si è mossa in Comune chiedendo ai servizi sociali, si sono tirati indietro. Il problema è che da solo non ero in grado di sostenere le spese d’affitto da 550 euro al mese più le spese condominiali».

«All’inizio – aggiunge – quando mi era stato prospettato il loro aiuto ce l’avrei fatta: senza aiuto era impossibile. Quando è stato aperto il bando per la casa popolare mi era stato detto che non potevo fare domanda perché ero abusivo e poi perché le case, come mi hanno spiegato i servizi sociali, andavano date prima agli extracomunitari. Fanno i controlli agli italiani, ma poi con gli stranieri non c’è la stessa rigidità. Chiedo aiuto alle istituzioni per ottenere un alloggio che mi è possibile pagare. Si mettano una mano sulla coscienza».

Cardaci è intervenuti sulla vicenda scrivendo una lunga lettera: «Fare – esordisce – e utilizzo questo verbo di proposito, servizi sociali non significa dare case ed elargire soldi. O, meglio, significa molto altro. Fare servizi sociali significa costruire percorsi di autonomia per chi si trova in difficoltà, per i più vari motivi. E’ un lavoro che deve essere fatto assieme, con la persona che è in difficoltà e gli assistenti sociali, i quali, almeno per quel che riguarda Malnate, anche attraverso una fitta rete di validi servizi, con competenza, passione e tanta fatica, cercano di costruire percorsi individualizzati per arrivare a risolvere, o almeno alleviare, le difficoltà e le sofferenze delle persone che bussano alle porte del Comune. Emanuele Amoroso e sua moglie ci hanno chiesto, ora anche pubblicamente, di restare in una casa dove per legge non possono restare, una casa che oggi la famiglia occupa senza titolo.

Per il Comune sarebbe stato facile “chiudere un occhio”, temporeggiare, “spendere una buona parola”. E, accanto alla richiesta di rispetto delle regole, su cui non si transige, abbiamo anche proposto e propongo ancora, anche pubblicamente, di fare insieme alla famiglia Amoroso un percorso per uscire, il prima possibile, dalla situazione di estrema difficoltà in cui obiettivamente si trova». n