Maxi scandalo farmaceutico. Un altro varesino tra i coinvolti

L’accusa è quella di aver architettato un sistema di corruzione nel settore della terapia del dolore

Aumentano i varesini coinvolti nella maxi inchiesta condotta nei giorni scorsi dai Nas di Parma che ha portato all’emissione di 19 misure cautelari oltre 50 perquisizioni e 75 indagati. L’accusa è quella di aver messo in piedi, secondo la Procura di Parma, un autentico sistema di corruzione nel settore della terapia del dolore. Si tratta di Karl Stadler Thilo, residente a Buguggiate, nato a Stoccarda in Germania nel 1958, dirigente della Grunenthal Italia srl, membro dell’executive

board e general manager sud europa (Italia – Spagna – Portogallo e Francia) oltre ad Alberto Grua, residente fino ad alcuni mesi fa a Bodio Lomnago (ora a Torino), consigliere Grunenthal Italia S.r.l. e Farmaceutici Formenti S.r.l., capo commerciale per Europa, Australia, Nord America e membro del corporate executive board di Grunenthal. I due si sono trovano agli arresti domiciliari. Ai domiciliari anche il legnanese Riccardo Cerbai business unit director respiratory presso Mundipharma Pharmaceuticals s.r.l. Cardine del sistema, secondo la ricostruzione investigativa, era Guido Fanelli, originario della provincia di Lecco, direttore della struttura complessa seconda anestesia, rianimazione e terapia antalgica dell’azienda ospedaliera universitaria di Parma. Sarebbero state create ad hoc due società di comodo attraverso le quali venivano nascosti i giri di denaro.

L’operazione denominata Pasimafi avrebbe fatto emergere un’organizzazione a cui partecipavano dirigenti medici, ma anche degli esponenti del Ministero della Salute oltre a diversi manager del campo farmaceutico. Sempre secondo la ricostruzione investigativa di Parma, l’obiettivo era quello di guidare il settore delle cure palliative e delle terapie del dolore. Per quanto riguarda il meccanismo attraverso il quale il luminare della terapia del dolore avrebbe incassato i benefit delle case farmaceutiche “per mascherare l’afflusso di denaro a titolo di retribuzione per i proventi illeciti assicurati all’industria – si legge in una nota dei Nas – venivano allestite una serie di attività commerciali fittizie le quali, attraverso prestanomi non direttamente riconducibili al medico ma dallo stesso controllate, erano in grado di incamerare e monetizzare le somme elargite dalle ditte, attraverso l’emissione di documentazione fittizia, reinvestondole nella gestione in beni di ingente valore (autovetture, yacht, appartamenti, eccetera) ovvero stornarle su conti esteri protetti, in modo da rendere estremamente difficoltosa l’identificazione e la provenienza dei flussi di danaro”.