Da 22 anni le cosche regnano sui nostri confini

Le dichiarazioni di un pentito alla base dell’inchiesta della Dda

L’ombra della ‘ndrangheta sui nostri confini con la Svizzera: è un collaboratore di giustizia, a quanto pare, ad aver ricostruito un filo di interessi che dalla Calabria porta al territorio tra Luino e Ponte Tresa tra traffico internazionale di cocaina e armi, strani cantieri, incendi dolosi e a quanto pare estorsioni. Il classico pizzo, vecchio vizio delle cosche più arcaiche con l’imprenditore di turno che si sente dire: “Paga o ti ammazzo”. Dichiarazioni tutte messe a verbale con riferimenti a due specifiche cosche calabresi che sulle sponde del lago Maggiore e soprattutto vicino ai confini avrebbero stretto un patto di non belligeranza.

Un “patto mafioso” per fare affari senza pestarsi i piedi. Dichiarazioni oggetto dell’attenzione della Dda di Milano. Dichiarazioni che raccontano una storia lunga quasi 15 anni che conta quattro omicidi, di cui uno soltanto risolto, che risalgono al passato e di incendi dolosi che hanno invece molto a che vedere con il presente.

L’ultimo tassello della storia arriverebbe infatti nell’estate scorsa quando il luinese fu in effetti funestato da una serie inspiegabile di roghi di natura assolutamente dolosa che non potevano in alcun modo essere l’opera di un vandalo o di un piromane impazzito. A giugno, a Marchirolo, ad essere preso di mira è un ristorante. Ad essere dati alle fiamme sono due furgoncini appartenenti ai proprietari che però negano di aver subito alcun tipo di intimidazione. Tornando indietro di qualche mese la conta messa in fila di questi misteriosi incendi dolosi traccia una strada ideale da Luino a Ponte Tresa lungo la quale sono andate a fuoco 12 auto. Molte delle quali appartenenti a delle concessionarie. Il collaboratore di giustizia, negli anni, ha continuato a parlare raccontando questa storia di infiltrazioni. Si torna indietro di 22 anni, anche, quando il 15 maggio del ‘94 quando in un’auto bruciata nei boschi di Bedero Valcuvia furono scoperti i corpi di Filippo Marini e Patrizia Ferraro, ammazzati con un colpo di pistola in testa.

Le indagini dicono che Marini, pregiudicato, frequentava ambienti vicini alle cosche. L’11 ottobre del ‘97 viene ucciso a Marchirolo un altro pregiudicato, Sergio Bosio, mentre il 9 luglio di un anno dopo colpi di kalashnikov contro un’auto in corsa uccidono Antonio Bevaqua, calabrese di Motta Santa Lucia. L’ultimo delitto, il solo risolto, è del 28 maggio 2001 quando vicino al cimitero di Cugliate Fabiasco viene freddato Giorgio Perboni. Per quell’omicidio sarà arrestato Pietro Pollizzi, che diventerà un collaboratore di giustizia e che inizierà a raccontare questa storia che arriva sino ad oggi.