«Mi è mancato il respiro. Da lì ho capito che devo vivere»

La straordinaria tenacia di Davide Donini, 50 anni, ex frontaliere che lavorando ha contratto la berilliosi

Quella che stiamo per raccontarvi è una storia dove sofferenza e fiducia si intrecciano in continuazione; una storia difficile e complicata, come del resto tosto è il suo protagonista. Una vicenda ambientata a Luino, dove vive con la sua famiglia , 50 anni, ex lavoratore frontaliere che ha contratto una malattia grave, come la berilliosi, che ha compromesso i suoi polmoni, sul luogo di lavoro, una ditta del Canton Ticino.

Non è il pur importantissimo aspetto legale della sua storia che vogliamo raccontarvi qui e su cui saranno i giudici a doversi pronunciare, quanto la tenacia di quest’uomo – il quale nonostante la giovane età è già nonno di due bellissime nipoti – che è costretto a vivere tutto il giorno attaccato alla macchina dell’ossigeno. A portare alla luce l’incredibile storia del signor Donini è un’inchiesta della Tv Svizzera; la vita di questo cittadino luinese cambia per sempre una domenica di agosto del 2013, quando durante una delle sue consuete uscite in bicicletta da cicloamatore con gli amici, a Davide manca il respiro.

Sono i primi sintomi della berilliosi che iniziano purtroppo a manifestarsi; si tratta di una malattia da lavoro causata dal contatto con il berillio, una polverina che si annida nei polmoni, consumandoli poco alla volta.

«Da quel giorno del 2013 è iniziato il mio calvario e quello dei miei familiari – ci racconta al telefono con voce chiara ma affaticata – per non andare in insufficienza respiratoria devo stare sempre attaccato alla macchinetta dell’ossigeno». Per una persona che in sella alla sua bici macinava ogni anno tra i 15 mila e i 20 mila chilometri è un duro colpo, non solo fisico ma anche psicologico. «I primi tempi riuscivo ad andare lo stesso in bici, ma da ottobre non riesco più e mi devo accontentare della bici da spinning» prosegue Davide, che è in attesa di un doppio trapianto di polmone, unica via per poter guarire dalla berilliosi; malattia che purtroppo non ha una cura.

I momenti di sconforto, legati all’attesa del trapianto e alle difficoltà e ai rischi dell’operazione, vengono superati dalla tenacia dello sportivo.

Davide da giovane ha praticato il motocross, per poi dedicarsi al ciclismo, mentre oggi è anche allenatore di calcio del Csi; come tutti i veri sportivi ha degli obiettivi e anche un sogno.

«Voglio attraversare coast to coast in bici gli Stati Uniti – racconta – per sensibilizzare le persone sull’importanza dei trapianti e per la ricerca sulla berilliosi, anche per stimolare una raccolta fondi. Lo sport per me è uno stile di vita, è una terapia per la mente e per lo spirito; la mia storia vuole essere un messaggio utile per tutti i malati, per chi sta peggio o meglio di me. Voglio trasmettere la mia positività e la voglia di combattere, ma soprattutto voglio crescere bene i miei nipoti».