«Il mio Riccardo III: un uomo condannato dalle sue maschere»

Riccardo III in versione anni ‘40: Massimo Ranieri torna a Varese con la tragedia shakesperiana

Con 18 colleghi sarà sul palco del teatro Ucc di piazza Repubblica, domenica alle 21, nei panni di un uomo disposto a tutto per ottenere il potere e rivincita, il malvagio e scaltro fratello di re Edoardo IV.

Perchè è un personaggio meraviglioso, uno dei più belli dopo quelli della letteratura greca alla quale Shakespeare s’è ispirato. Riccardo è davvero complesso, per il suo modo di essere, per la sua malvagità, per il suo essere Riccardo. Uno che decide di mettere una maschera.

A diventare la figura che conosciamo. Nel testo lo dice. Spiega che se lo considerano tale, allora decide di diventare così: “è il mio tornaconto”. Noi non sappiamo come sia davvero.

Era anche un grande democratico, ma quando si parla di potere politico e finanziario i sentimenti vengono azzerati. Ce lo insegna la storia. Riccardo uccide chi vuole la sua morte e le persone che possono intralciare il suo cammino. Porta la maschera come un attore e come tutti gli attori, me compreso, è un narciso che vuole piacere a tutti i costi.

Niente spadoni e mantelloni, ma uomini in smoking e donne con abiti da gran sera in un salotto borghese. Ho scelto il 1940 perchè è stata l’epoca più florida del noir francese e siccome sono amante al cinema noir mi sono ispirato a quelle atmosfere e situazioni. È un giallo, s’abbassano le luci e s’accende un proiettore simbolico che fa partire questo film nel quale si assiste all’ascesa al potere di quest’uomo.

Ho fatto tanta ricerca prima per stendere il lavoro e ridurlo a una rappresentazione di due ore e mezza senza perdere nulla d’importante. Ho cercato di capirlo attraverso lo scritto e ho scoperto le sue malinconie le sue paure. È in primis un essere umano, un ragazzo – è morto a 32 anni – con un’immensa cultura e intelligenza. È uomo solo e questa disperata solitudine e la sua diversità lo fanno soffrire.

Si fa fatica, ma se lo pigli come un gioco diventa più leggero. Noi siamo sempre metà e metà, o anche tre quarti, di bontà e cattiveria, o meglio, ira non credo alla cattiveria pura se non perchè ce la tirano fuori.

Non lo sopporto: è duro ed esigente. Pretendo sempre il massimo dagli attori, ma non è mai troppo.

Non ho dovuto convincerlo. Avevamo già lavorato insieme e l’ho chiamato ed è stato felicissimo. Ha fatto uno lavoro strepitoso.

Non adesso. Penso siano bastate le 6 puntante, da gennaio a settembre. Vedremo nel 2015, magari con “Sogno e son desto 3”. Dovremmo chiedere alla dirigenza Rai, ma la trasmissione è andata bene e piace al pubblico. I colleghi poi sono semplicemente meravigliosi.

È come se avessi una dependance in città. Ci ho girato un film per un mese e ho scambiato quattro chiacchiere coi varesini. Una o due volte l’anno porto uno spettacolo e mi sento di casa. È un’empatia innata.