La storia del Duomo di Milano è al centro del prossimo appuntamento di “Tra Sacro e Sacro Monte”.
In scena questa sera alle 21 alla Terrazza del Mosè nella sera che il festival, organizzato dalla Fondazione Paolo VI, dedica al pubblico più giovane e alle famiglie, “A.U.F. uno spettacolo Duomo”, testi di Paolo Covassi, Luca Doninelli e Carlo Pastori, adattamento teatrale e regia di Marta Martinelli.
Cronaca di impegno, offerte, fede e partecipazione collettiva, mirabilmente interpretata dall’attore comico milanese Carlo Pastori.
Un percorso scanzonato e divertente alla scoperta del monumento di riferimento della nostra regione cui hanno contribuito i milanesi, ma che a sua volta ha plasmato la vita sociale della città fulcro della Chiesa ambrosiana. A raccontare il curioso appuntamento è Carlo Pastori che oltre a essere attore comico è fisarmonicista e autore di canzoni per bambini, non c’è fondatore del Teatro D’Artificio con Roberto Abbiati e Bano Ferrari.
Nel suo curriculum c’è Zelig, dal 2000 al 2003, nella formazione dei Martesana in Corpore Sano con Bisio, Oreglio, Ale&Franz.
Mentre a Colorado Caffè accompagna Fabrizio Casalino nel personaggio dello Chanchonier francese.
Qualche tempo fa ho visitato la mostra “Ad usum fabricae” in cui veniva raccontato come il Duomo sia stato costruito con il contributo di tutti i milanesi e non solo dei Visconti, come molti pensano. Dalla ricerca analitica sui registri del 1400 della Fabbrica del Duomo emerge, infatti, che l’86% è stato finanziato dalla gente comune, mentre il 14% dai Visconti. Insomma la cattedrale di Milano è stata davvero realizzata con il contributo di tutti.
Sì, si intrecciano quattro storie vere che emergono dai registri della veneranda Fabbrica cui ha avuto accesso Martina Saltamacchia, ricercatrice di storia medievale, per la sua tesi. Storie di donatori di qualsiasi estrazione sociale.
C’è il soldato albanese che a sue spese ha fatto posizionare dei pannelli decorati con endecasillabi come riconoscenza alla Madonna che lo aveva protetto nella sua vita. C’è la vecchietta che dona la sua pelliccetta, unica cosa preziosa di cui disponeva, consegnandola ai battitori d’aste per trarne fondi per i lavoratori della veneranda Fabbrica. C’è anche una prostituta che dopo la conversione ha voluto donare alcuni suoi beni. E poi un uomo d’affari, sempre impegnato tra Milano, Venezia, Genova e Francia, Marco Carelli cui è dedicata anche una guglia, e che donò ottanta palazzi dopo una vita vissuta sul confine tra il lecito e quello che lo è meno: per lui raccogliere e buttare denari era la stessa cosa. Sono storie che mi hanno colpito e che ho pensato di portare in teatro.
Per alleggerire, io che sono comico, ho pensato di introdurre il personaggio del sacrestano che sostituisce una guida ufficiale del Duomo con un gruppo. Racconto quello che ho sentito dire dagli altri anche se poi finisco con l’ammettere di non essere una guida, ma di raccontare con piacere quello che so, quello di cui sono stato testimone attraverso i profili di questi quattro personaggi.
Lo spettacolo è nato dopo la mostra per raccontare come i milanesi abbiano contribuito a costruire la cattedrale e come la cattedrale abbia costruito il popolo di Milano. Sono storie vere, drammatiche e commoventi contemporaneamente, in cui il sacrestano è il trait d’union con il suo fare divertente. Insomma un teatro comico intermezzato da quattro storie che fanno si che chi le ascolta torni al duomo e lo visiti con occhi diversi.
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