L’oboe di Toni interpreta Vivaldi

Stasera al Salone Estense con “Silete Venti” una raccolta di concerti vivaldiani. Il pubblico sentirà le note dell’angelo d’avorio, copia di un magico strumento del 1722

La musica di Antonio Vivaldi possiede una rara salubrità: mette di buonumore e questo basta a chiunque. Sono note effervescenti, sparate dall’orchestra come un tappo da una bottiglia di spumante, oppure drammatiche come lo è una melodia mediterranea: si piange con il sole negli occhi.

“Silete Venti!”, protagonista del concerto di questa sera alle 21 (Salone Estense, ingresso libero) per il secondo appuntamento della rassegna “Suoni d’autunno” organizzata dall’Accademia dei Piaceri Campestri, a Vivaldi è legato da una storia curiosa. Quella che si racconta nel cd “Vivaldi e l’angelo di avorio, the European Journey”, perché l’”angelo d’avorio” è la copia di un oboe – forse magico, forse divino – realizzato da Johannes Maria Anciuti nel 1722. Lo suona Simone Toni, che con “Silete Venti!” presenterà a Varese il programma inserito nella registrazione: una raccolta di concerti vivaldiani – ovviamente per oboe e archi – diffusi a suo tempo tra Amsterdam e Londra e, forse, Dresda e Upssala.
Il mistero e la leggenda, insieme, hanno decretato il successo del disco: suonato con garbo, tensione muscolare e quella lucentezza che richiama alla mente i fondali realizzati dal pittore Canaletto proprio per alcune opere del Prete Rosso. Allusioni e simboli, miniature e colori sono qui raccolti in vivaci bouquet di fiori sonori dove la filologia, gli strumenti d’epoca, la ricerca e l’attenzione al testo originale trasformano Vivaldi in un cantore degli affetti umani e della tecnica più rifilata.
Ma quell’Anciuti ci mette lo zampino, e il pensiero di chi ascolta – così come fa Simone Toni – corre al raffinato ebanista: «Fino a pochi mesi or sono si pensava che il signor Anciuti, finissimo creatore di strumenti a fiato, non fosse in realtà esistito, ovvero che il suo nome nascondesse altri. In effetti il destino gli aveva riservato un nome troppo bello per essere credibile (Anciuti… da ancia) e oltre a ciò non si trovavano notizie a riguardo, tranne appunto i suoi strumenti che riportano tutti incisa l’indicazione “a Milano” e in alcuni casi anche lo stemma: il leone di San Marco! Una ricerca appassionata di Cinzia Meroni e Francesco Carreras ha rivelato dei documenti bellissimi e di grande importanza. Johannes Maria Anciuti ebbe una vita di grande talento, paragonabile a quella di Stradivari, trascorsa costruendo strumenti musicali». Fra questi c’è, appunto, l’”angelo di avorio” esposto al Museo del Castello Sforzesco di Milano.

«Oboe dalle qualità timbriche di pura bellezza», incalza Toni, che ora rivive nell’unica copia fedele al mondo realizzata da Olivier Cottet, “facteur francese internazionalmente riconosciuto”.
E così fu che in quest’oboe qualcuno si mise a soffiare quello che Vivaldi vedeva, e respirava, in natura.
Nulla di strano se l’interpretazione “intensa e mobile” si faccia, a volte, anche carica di sale e di quelle spezie che a Venezia – e nei porti europei – erano all’ordine del giorno. Carica di quella spinta ritmica che Toni non fa mai cadere di tonicità neppure nei momenti più sognanti o aulici.

E così una bellissima frase di Wolfgang Scherer, coglie in pieno ciò che congiunge l’estro del grande Vivaldi a quello di Simone Toni: «È lui che ci mostra come è la musica quando la fantasia si perde negli occhi della verità».